MILANO – “Ad oggi in Lombardia non si registrano casi di virus Mpox (noto anche come vaiolo delle scimmie) con la variante che si sta rapidamente diffondendo in Africa, quella di tipo I”. Lo precisa l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso.
Esistono due tipi geneticamente distinti di Mpox: il tipo I (o ‘clade I’), con i sottotipi Ia e Ib ed il tipo II (o ‘clade II’), con i sottotipi IIa e IIb. Attualmente in Lombardia non sono stati riscontrati casi dovuti al tipo I: nel 2023 erano stati registrati 29 casi di Mpox, mentre per il 2024 ad oggi sono stati confermati 21 casi, tutti del tipo II che presenta un basso rischio di complicanze gravi.
“Conosciamo ormai bene – aggiunge l’assessore – la variante di Mpox di tipo II. Ci sono stati casi in Lombardia a partire dal 2022 quando la malattia si è diffusa in Europa. Dall’inizio del 2024 abbiamo avuto una ventina di pazienti con Mpox di tipo II, ma si tratta di pazienti con patologia non particolarmente severa e senza conseguenze particolari. Conosciamo l’evoluzione della patologia e possiamo tenerla sotto controllo.
Per quanto riguarda la tipologia Ib, fino a quando non ci saranno certezze scientifiche su quelle che sono le eventuali differenze di trasmissione, diffusione e di esiti sui pazienti, teniamo molto alta l’attenzione, monitorando la situazione grazie al nostro sistema di sorveglianza che è attivo ed efficace, sicuramente il migliore in Italia”.
Regione Lombardia, già con una nota del 7 agosto, indirizzata a tutte le ATS, ASST e agli IRCCS, ha potenziato il sistema di sorveglianza per garantire l’immediata rilevazione di eventuali casi. Le misure implementate includono il coinvolgimento attivo di medici, Centri IST e laboratori di riferimento, assicurando un monitoraggio capillare sul territorio.
Sono inoltre in via di attivazione ulteriori misure di controllo che comprendono l’ampliamento delle aperture dei centri dedicati alle infezioni sessualmente trasmissibili (dove ci si può recare senza la prescrizione medica ed essere sottoposti a test gratuiti in caso di sospetta infezione), l’aumento del numero di laboratori che effettuano le analisi, una sensibilizzazione sulle popolazioni più a rischio, anche tramite collaborazioni col ‘Terzo Settore’.