MILANO – Più custodi per vigilare e presidiare, più ‘community manager’ per l’assistenza agli inquilini, più ambulatori sociosanitari di prossimità, più servizi destinati alle donne vittime di violenza, e nuove risorse per aiutare le famiglie che non riescono a pagare il canone e le utenze. Si muove su queste coordinate il piano di Regione Lombardia per potenziare i servizi sociali e territoriali nei quartieri popolari di Milano e della Lombardia, per il quale sono previsti a bilancio 70,7 milioni di euro nel triennio 2024-2026.
L’obiettivo dell’assessore regionale alla Casa e Housing sociale, Paolo Franco, è estendere ad altre realtà milanesi e lombarde i modelli già sperimentati con i progetti ‘C.A.S.A.’ (Centri Aler per i servizi abitativi) in 6 quartieri di edilizia residenziale pubblica di Milano: San Siro, Mazzini, Gratosoglio, Molise Calvairate, Lorenteggio e Salomone, e con i progetti comunali ‘Reaction’ nei quartieri Gallaratese, Gorla Precotto.
“Con il modello ‘C.A.S.A.’ – ha evidenziato l’assessore Franco – stiamo rafforzando la presenza delle istituzioni in contesti fragili e complessi per arginare le situazioni di degrado, aumentare la sicurezza e migliorare la qualità della vita dei cittadini. Incrementare i presidi territoriali significa offrire punti di riferimento e supporto ai cittadini perbene che vivono nelle case popolari e che non possono essere lasciati soli. L’attenzione alla dimensione umana e sociale è un pilastro della ‘Missione Lombardia’, il piano di rilancio delle politiche abitative, accanto alla riqualificazione edilizia e agli interventi per la cura del patrimonio”.
Il servizio di portierato, attraverso i custodi, ha un elevato valore sociale e rappresenta un primo presidio importante per la vivibilità della struttura e degli spazi comuni. Mentre il community manager (detto anche operatore di quartiere) è un’innovativa figura professionale che lavora per rispondere alle necessità degli inquilini offrendo loro un punto di ascolto e un aiuto per risolvere problemi legati a questioni di carattere sociale, amministrativo o tecnico.
Attraverso l’attivazione di ambulatori sociosanitari, con le figure del medico o dell’infermiere di quartiere, si attua un potenziamento dei servizi all’interno del quartiere: prestazioni infermieristiche domiciliari, consulenze in telemedicina, presa in carico e monitoraggio di pazienti cronici e fragili, sportello di supporto psicologico e servizio di fisioterapia.
Rilevante anche l’impegno delle associazioni attive nel contrasto alla violenza di genere, che possono insediarsi negli spazi adibiti al progetto ‘C.A.S.A.’ garantendo sostegno alle vittime e occupandosi di reinserimento lavorativo, orientamenti ai servizi del territorio e laboratori formativi e creativi.
“Si tratta di azioni concrete – ha sottolineato Franco – che abbiamo messo in campo in diverse zone di Milano e intendiamo diffondere ulteriormente nell’area metropolitana milanese e in tutta la regione attraverso risorse importanti che abbiamo recuperato nell’ambito della ‘Missione Lombardia’: siamo e saremo dalla parte dei cittadini fragili e vulnerabili che rispettano le regole, a cominciare dagli anziani”.
Gli ambiti in cui realizzare i progetti ‘C.A.S.A.’ saranno identificati sulla base di indicatori che vanno dalla densità di alloggi popolari in un determinato territorio ai parametri socioeconomici della popolazione fino all’analisi delle situazioni di particolare degrado sociale.
Il piano da 70,7 milioni è ripartito in due linee di intervento: l’attivazione di nuovi presidi sul modello ‘C.A.S.A.’ per 12,7 milioni di euro e l’erogazione di contributi agli inquilini delle case popolari in condizioni di difficoltà, sostenendoli nel pagamento del canone di affitto e delle utenze per un totale di 58 milioni di euro. Ai fondi potranno accedere sia le Aler sia i Comuni.