MONZA – Svegliarsi da uno stato di incoscienza e avere la necessità di sapere cosa è accaduto perché i ricordi sono frammentati o inesistenti. Se dal 2018 i diari di Terapia intensiva, compilati dagli operatori sanitari e dai familiari dei degenti durante la permanenza in reparto, si sono dimostrati un mezzo prezioso, fornendo un resoconto potente e commovente del viaggio dei pazienti attraverso le cure critiche, oggi uno studio del team “Follow-up post ricovero intensivo” della Terapia Intensiva Generale Adulti e Pediatrica, diretta dal professor Giuseppe Foti, ne certifica la validità. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista americana “Dimensions of Critical Care Nursing”, in cui è stato evidenziato il ruolo centrale degli ICU Diary (diari di terapia intensiva) come strumenti innovativi di medicina narrativa.
Gli ICU-diary stanno emergendo come un mezzo fondamentale per il recupero emotivo e psicologico dei pazienti e delle loro famiglie, dopo il ricovero intensivo e sono raccomandati dalla letteratura internazionale come uno dei punti chiave nella prevenzione delle complicanze psicologiche e cognitive della Post-Intensive Care Syndrome (PICS). Lo studio ha analizzato le esperienze di pazienti che hanno utilizzato i diari dopo la dimissione dalla terapia intensiva. I risultati mostrano che i diari non solo favoriscono una comprensione più chiara degli eventi vissuti durante la degenza, ma aiutano anche a integrare quei ricordi frammentati o assenti che spesso caratterizzano il periodo di ricovero in terapia intensiva. I risultati di questo recente studio, suggeriscono come l’azione positiva dei diari si sviluppi su due direttrici: la ricostruzione dell’identità perché attraverso il racconto degli eventi quotidiani, descritti nelle note scritte a mano su un piccolo quaderno, i pazienti possono ricollegarsi al loro vissuto, riducendo il senso di alienazione e il supporto psicologico: le narrazioni contenute nei diari offrono uno strumento per affrontare il distress post-traumatico (PTSD), una condizione frequente nei pazienti che hanno vissuto un ricovero in ambiente intensivo.
Il diario diventa così un ponte tra il paziente e il suo percorso di cura, ma anche uno strumento per gli operatori sanitari, permettendo loro di umanizzare ulteriormente l’assistenza e di riflettere sul proprio operato.
Gli ICU diary, utilizzati in Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori da marzo del 2018, sono una parte del progetto di “umanizzazione delle cure in ambiente intensivo”. La restituzione del diario ai sopravvissuti durante la visita semestrale dopo la dimissione o ai congiunti dei pazienti che non sopravvivono, è gestita dal team follow-up composto da infermieri ed anestesisti-rianimatori della struttura di Terapia Intensiva Generale Adulti e Pediatrica.
Il primo incontro con le persone sopravvissute avviene a tre mesi, ma solo la valutazione psicologica e cognitiva effettuata a sei mesi, come suggerito dalla letteratura internazionale, permette agli operatori di valutare se la restituzione del diario sia possibile o se debba essere posticipata alla visita annuale. Al paziente viene chiesta la possibilità di valutare gli effetti del diario a dodici mesi dalla sua restituzione.
“L’uso dei diari in terapia intensiva rappresenta un approccio innovativo per promuovere il benessere psicologico dei pazienti e delle famiglie – afferma il coordinatore della Terapia intensiva generale, Alberto Lucchini -. È un esempio concreto di come la medicina narrativa possa integrarsi nelle pratiche cliniche quotidiane, migliorando gli esiti di cura e la relazione terapeutica”.
L’articolo recentemente pubblicato è parte di un progetto innovativo più ampio promosso dalla Direzione delle Professioni Sanitarie e Sociali, diretta da Stefano Citterio, che ha già avuto rilievo sulla stampa di settore, portando alla pubblicazione di altri due lavori.
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Dicembre 6, 2024