Secondo una ricerca di Confcommercio Lombardia, un’impresa su due vede aumentare i volumi di vendita con l’e-commerce e quattro su dieci hanno più clientela grazie a sito e social.
L’83 per cento dei negozi ha un sito web e/o è presente sui social – soprattutto Facebook e Instagram, seguiti da WhatsApp (il 38 per cento da più di 10 anni, il 43 per cento da oltre cinque, mentre il 19 per cento solo da un anno). Di queste imprese, sette su dieci dichiarano di averne ricavato un incremento del business e dei clienti. E per il 40 per cento la percentuale di clienti che si reca in negozio grazie a sito e social aumenta in media del 20 per cento in occasione degli acquisti per le festività natalizie (così come per i saldi e per il Black Friday). Questi i principali risultati che emergono dall’indagine “Terziario e digitale: focus Commercio” di Confcommercio Lombardia, condotto su negozi alimentari, non alimentari e misti, il 90 per cento dei quali microimprese, realizzata per approfondire i livelli di consapevolezza su una delle grandi transizioni che interessano il tessuto socioeconomico. Dall’indagine emerge, inoltre, un aumento dell’utilizzo dei canali e-commerce: un negozio su quattro ne ha uno e la metà lo ha attivato negli ultimi cinque anni. Di questi, il 45 per cento riscontra un aumento dei volumi di vendita e 7 su 10 prevedono il ritiro in negozio.
“Sito web e social si dimostrano strumenti importanti per promuovere la propria attività e aumentare il flusso di clienti in negozio, soprattutto in occasione di importanti occasioni di vendita come le festività natalizie. La relazione personale, d’altronde, risulta determinante anche per le imprese che hanno scelto di attivare un canale e-commerce, prevedendo nella maggior parte dei casi il ritiro in negozio”, commenta il vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia, Carlo Massoletti. “La dimensione delle imprese del terziario in generale, e del commercio in particolare – conclude Massoletti – richiede un approccio mirato anche da parte delle istituzioni, che devono immaginare misure e formazione specifiche per rendere il digitale uno strumento inclusivo e non esclusivo, un’opportunità diffusa e funzionale alle attività fisiche, dunque alla vitalità delle città”.