LISSONE – “Quello che abbiamo imparato in Italia non possiamo tenercelo stretto, ma dobbiamo condividerlo e portarlo nei nostri Paesi d’origine perché lì possa sbocciare e germogliare”.
Così afferma Pascal Hounkanrin, vicepresidente dell’Unione comunità africane d’Italia, che dal 1990 risiede nel nostro Paese. Nato nel Benin, emigrato a Cuba per motivi di studio e all’età di 29 anni trasferitosi definitivamente a Lissone, Pascal ha dato vita nel suo Paese d’origine a una serie di piccole attività artigianali insegnando ai ragazzi il mestiere e disincentivandoli dall’idea di venire in Italia. Quel sogno di crearsi un futuro migliore è più facile da realizzare nel proprio villaggio che in Europa.
“Il Vecchio Continente non è una porta aperta per tutti – racconta Pascal, sposato, padre e già nonno – Mi sono indebitato per creare lavoro nel mio Paese, ma sono certo che questa è la strada giusta”. Pascal dirige una dozzina di giovani operai e quando va in Africa è il primo a indossare la tuta da lavoro per insegnare ai ragazzi una professione che potrà garantirgli un futuro senza dover abbandonare i propri affetti.
“Ai ragazzi in Africa dico sempre di non tentare l’avventura di raggiungere l’Italia con il barcone – spiega – C’è il rischio di perdere la vita e poi arrivati in Italia non c’è quella promessa che gli era stata fatta di avere un lavoro; non sanno che il loro futuro sarà chiedere l’elemosina fuori dai supermercati”.
Per non emigrare i giovani africani devono comunque avere un’alternativa di lavoro e di futuro a casa propria: per questo Pascal, insieme ad altri componenti dell’Ucai, ha deciso di promuovere progetti nei Paesi d’origine, sostenere le spese di progetti di formazione per quei giovani africani che qui in Italia non hanno ancora trovato un lavoro e favorire poi il loro rimpatrio così che, una volta tornati a casa, potranno creare attività e offrire occupazione.
E per chi arriva in Italia e non sa da che parte girarsi l’Ucai offre anche un sostegno mettendo a disposizione personale africano specializzato, dalle attività manuali alle professioni legali e mediche. Oltre a mettersi a disposizione delle Amministrazioni comunali come mediatori certi che, solo chi viene dalle terre d’africa, parla la stessa lingua, conosce le stesse difficoltà può davvero promuovere l’integrazione.
“Sono certo del grande valore del poter fare comunità – conclude Pascal – Non possiamo tornare nei nostri Paesi a mani vuote, ma dobbiamo garantire un futuro a quei ragazzi”.
Barbara Apicella