E’ universalmente considerato il padre della scienza moderna: un po’ astronomo, un po’ fisico, ma anche matematico e filosofo. Con Galileo Galilei, nato a Pisa il 15 febbraio 1564, si può facilmente riassumere il tutto definendolo genio.
Il suo contributo, del resto, è tutt’altro che superficiale. Sfidando i costumi del tempo, incurante del dito della Chiesa puntato verso di lui, considerato eretico perché va contro l’ordine delle cose, lui procede con le sue scoperte che aprono nuove frontiere. Sarà tuttavia processato dal Sant’Uffizio e costretto a rinnegare le sue teorie sull’astronomia, ma ormai ha tracciato una strada. E perfino il Papa, Giovanni Paolo II, oltre tre secoli dopo riconoscerà la sua grandezza parlando pubblicamente di errori commessi nei suoi confronti.
Nato in una famiglia umile, borghesia un po’ decaduta, per lui si prospetta un futuro da medico. Così vuole il papà Vincenzo. L’inclinazione di Galileo, tuttavia, è subito per la matematica e la fisica, con grande predisposizione anche per la meccanica. Sono quelli gli studi che preferirà e che lo porteranno ad avere una cattedra, prima a Pisa e poi a Padova. In Veneto rimarrà 18 anni, in un ambiente per lui perfetto.
I primi problemi per lui, a parte le schermaglie con i colleghi, iniziano nel 1604. Tutto per colpa dell’oroscopo. O, meglio, a causa degli oroscopi che scrive nella ferma convinzione che gli astri possano esercitare un’influenza sul nostro carattere e sulle nostre decisioni. Sarà il Senato della Repubblica veneta a intervenire per bloccare il procedimento nei suoi confronti.
Nel 1609, a conferma della sua passione per l’astronomia, presenta il telescopio. Studia la Via Lattea, scopre i quattro maggiori satelliti di Giove.
Più lui cresce in grandezza, più grandi sono i problemi che gli si ritorcono contro. La Chiesa inizia a guardare con diffidenza sempre maggiore le sue scoperte, soprattutto quelle sulla volta celeste. L’accusa nei suoi confronti, chiara e netta, arriva per la prima volta nel dicembre 1614 a Firenze nella chiesa di Santa Maria Novella. Nella primavera successiva la denuncia non è più solo dal pulpito: è formalizzata al Santo Uffizio. Un anno più tardi i teologi sconfesseranno le sue teorie astronomiche.
La situazione precipita nel 1633. Convocato d’urgenza al Sant’Uffizio a Roma. Processo duro, dove si stabilisce che venga interrogato anche con la tortura. Galileo, in questo processo infinito, durato circa 6 mesi, ritratta tutto. Viene comunque condannato al carcere, con la pena che viene tramutata in un soggiorno romano dall’ambasciatore del Granduca di Toscana a Trinità dei Monti. In più l’obbligo di recitare per tre anni, una volta alla settimana, i salmi penitenziali. Anche questo si tradurrà in una burla, con il compito affidato alla figlia, suora di clausura.
Secondo la leggenda, Galileo dopo aver ritrattato tutto dando ragione agli inquisitori, pronuncerà la famosa frase: “E pur si muove”