Il termine burocratico appare oscuro ai più: è la legge 20 febbraio 1958 numero 75. Se citiamo il nome della proponente, invece, sono tantissime le persone che capiscono al volo di cosa si tratta. Perché il 20 febbraio, nella nostra storia recente, coincide con la data in cui viene promulgata la legge Merlin per la chiusura delle case di tolleranza.
Una battaglia condotta davvero con decisione, quella della senatrice socialista Lina Merlin, che si trova costretta a “duellare” non solo con gli avversari politici, ma anche con gli stessi compagni di partito. Dal punto di vista della dignità della donna, diciamo pure che ha ragioni da vendere. Con altrettanta onestà, però, a 60 anni di distanza dobbiamo riconoscere che le osservazioni degli stessi amici di partito sono più che fondate: la chiusura delle case di tolleranza non solo non serve per debellare il fenomeno, ma addirittura rischia di spostare il problema altrove. Ora lo possiamo dire con certezza: lo sposta sulle strade, con molte zone dei nostri territori che non offrono un bello spettacolo ai residenti.
La legge, inoltre, presenta una incongruenza: la prostituzione non è reato. Vengono solo puniti i reati di sfruttamento e di favoreggiamento della prostituzione. Concedersi a un uomo dietro il corrispettivo di una certa somma, infatti, viene riconosciuto coerente con gli articoli 2 e 13 della Costituzione e, in particolar modo, con la libertà personale inviolabile.
Di fatto tra dibattito e complicazioni procedurali, dal giorno della presentazione della legge alla sua promulgazione passeranno 10 anni. Poi, di colpo, con l’entrata in vigore ecco la chiusura in un colpo solo di 560 case di tolleranza.
Il problema resta tuttora irrisolto. Da più parti si invoca la riapertura. Più volte si è parlato di questa possibilità, c’è chi ha provato anche a proporre un referendum, tuttavia senza raccogliere il numero di firme necessario. La Cassazione, nel frattempo, ha stabilito che la prostituzione è un’attività lecita e, come tale, dev’essere tassata. Non è mai capitato. E mentre il dibattito di tanto in tanto si accende, bisogna fare i conti anche con i tempi che cambiano e con le nuove tecnologie: nel fenomeno della prostituzione, ora, rientra anche il sesso virtuale. Il rischio, con i nostri tempi italiani, è quello di arrivare ad approvare una legge che, dopo il voto dell’aula, riuscirà a rivelarsi già superata.