Scatta dal primo aprile il nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni all’inflazione, che taglia gli aumenti per i trattamenti di importo superiore ai 1.522 euro lordi al mese. La misura non piace affatto ai sindacati dei pensionati, che comunque attaccano il governo per “la totale mancanza di attenzione nei loro confronti”. E per questo unitariamente Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil lanciano la mobilitazione: scenderanno in piazza sabato primo giugno con una manifestazione nazionale in piazza del Popolo a Roma.
Piazza che sarà preceduta da tre assemblee, al nord, al centro e al sud, il 9 maggio. Le città scelte sono Padova, Roma e Napoli. La nuova perequazione delle pensioni all’inflazione è prevista dall’ultima legge di Bilancio. Sono attesi risparmi nel triennio 2019-2021 pari a circa 2,2 miliardi di euro (al netto degli effetti fiscali, pari a 253 milioni nel 2019, 745 milioni nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021).
Il meccanismo prevede sette fasce. I trattamenti fino a tre volte il minimo non si toccano: la rivalutazione resta piena e quindi la percentuale di aumento è pari all’1,1%. Per quelli sopra tre volte il minimo scattano sei indici per la rimodulazione all’ingiù: si va dal 97% per le pensioni tra tre e quattro volte il minimo (ossia oltre 1.522 e fino a 2.029 euro al mese) con un aumento dell’1,067%, fino al 40% per quelle oltre nove volte il minimo, cioè superiori ai 4.569 euro al mese, con un aumento in questo caso che si ferma allo 0,44%.