SEREGNO – Una comunicazione del sindaco e poi il litigio in Consiglio comunale: “Il ministero dell’Interno ritiene concluso il provvedimento avviato nei confronti del Comune di Seregno. Non sono state rilevate tracce di infiltrazioni mafiose in municipio”. E’ la lettura da parte del primo cittadino, Alberto Rossi, del decreto firmato dal ministero dell’Interno che comunica la conclusione dell’indagine svolta in municipio dopo gli arresti del 26 settembre 2017. Niente rapporti con la criminalità organizzata, insomma. Da questo punto di vista il municipio, dopo aver passato in rassegna migliaia e migliaia di atti, è stato giudicato “pulito”.
La comunicazione, tuttavia, ha fatto infuriare i consiglieri di opposizione. Proprio quelli che governavano prima del commissariamento. Il motivo è molto semplice. Il decreto del ministro dell’Interno è firmato 10 maggio 2018. Ovvero un periodo antecedente le elezioni amministrative. E la notizia dell’assenza di infiltrazioni mafiose salta fuori a nove mesi di distanza. Soprattutto dopo le elezioni amministrative che hanno visto la vittoria del centrosinistra.
Inconcepibile per i consiglieri di minoranza che, immediatamente, hanno fatto presente il loro disappunto. Evidenziando che la campagna elettorale, con toni più o meno consentiti, si è basata molto sull’aspetto di eventuali collusioni con la criminalità organizzata. Smentite da un atto, firmato ormai da un mese, ma mai reso pubblico. Il dubbio che serpeggiava tra i banchi dell’opposizione era chiaro: un fatto voluto per aiutare il centrosinistra nella vittoria elettorale?
Giova chiarire che nessuno ha accusato il sindaco Alberto Rossi. Lui, del resto, il 10 maggio 2018 era un semplice cittadino e non disponeva dell’autorità e della possibilità di nascondere questa comunicazione in un cassetto. L’attenzione della minoranza è stata si è invece diretta verso la Prefettura. Rossi, nella sua relazione, ha spiegato che la firma finale del ministro è arrivata dopo la relazione del 12 marzo del commissario prefettizio e dopo la lettera del 24 aprile firmata dal Prefetto Giovanna Vilasi per dire di avere rilevato “l’insussistenza delle condizioni per lo scioglimento del Consiglio comunale”.
Il sindaco, sebbene non chiamato in causa, ha provato a spiegare il “ritardo” di 10 mesi: “A fronte della richiesta del consigliere Ilaria Anna Cerqua (Forza Italia, ndr) ho presentato una richiesta di accesso agli atti in Prefettura. Ottenuto il documento, l’ho portato subito in Consiglio per leggerlo. Mi risulta che di solito la Prefettura non faccia queste comunicazioni, anche perché potrebbero esserci indagini ancora in corso. Il Prefetto in questi casi deve comunicare al ministero quanto ha rilevato, ma non è tenuto a fare altrettanto nei confronti del Comune. In ogni caso, onestamente, pensavo che che fosse chiaro a tutti che con un procedimento di scioglimento ancora aperto non saremmo qui. Non ci avrebbero permesso di fare le elezioni”.
I consiglieri di minoranza, però, non si arrendono. Già durante la discussione hanno firmato tutti insieme un documento per richiedere la convocazione di una seduta consiliare dedicata esclusivamente alla trattazione di questo argomento delicato. Per fare chiarezza ed eventualmente per ricercare anche responsabilità.