MONZA – Era esattamente il 18 maggio 2018 quando Sergio Bramini venne sloggiato dalla sua villa di via Sant’Albino 22 insieme ai suoi familiari. Una ricorrenza non certo lieta quella che oggi ricorda l’imprenditore monzese fallito a causa dello Stato.
Il suo era diventato un caso nazionale e mediatico: proprio il 17 maggio il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio si era recato a casa di Bramini per perorare la sua causa, mentre proprio il giorno dello sfratto il leader della Lega Matteo Salvini si era recato a dimostrare il suo sostegno a Bramini, salendo su una ruspa che c’era in strada. Ma dopo un’intera giornata di trattazioni, di tira e molla, circondato dalla solidarietà di centinaia di persone che avevano “occupato” pacificamente la sua abitazione Bramini si è dovuto chiudere definitivamente alle spalle la porta di quella casa dove erano nati e cresciuti i suoi figli.
Dopo 365 giorni molti episodi si sono succeduti e l’imprenditore, che fallì pur dovendo incassare dalla pubblica amministrazione 4 milioni di euro per servizi erogati nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti, non è più rientrato in quella casa.
Dopo poche settimane dallo sloggio Bramini è diventato consulente del Governo giallo-verde, consulente del vice premier Luigi Di Maio per il quale, aiutato da un team di esperti, ha redatto in meno di quaranta giorni quell’articolata legge ribattezzata “legge Bramini” approvata non senza difficoltà e che permette al quale il debitore di rimanere nella propria abitazione fino a quando la casa non verrà assegnata all’asta, così da potersi organizzare e trovare una nuova sistemazione. Un privilegio del quale la famiglia Bramini non ha potuto godere, vedendosi obbligata ad abbandonare il domicilio ancor prima dell’assegnazione della villa all’asta (avvenuta solo sei mesi dallo sfratto).
Bramini nel frattempo ha tenuto conferenze in tutta Italia raccontando la sua vita (raccolta in un libro), la sua legge, il suo impegno concreto per aiutare chi sta attraversando il suo percorso a non abbattersi, a continuare a combattere.
Proprio come sta facendo lo stesso Bramini: ha ottenuto la procedura di sovraindebitamento, ma la sua casa resta comunque assegnata a un acquirente cinese. Nel frattempo Sergio Bramini non si si arrende mta sa cercando di evitare il decreto di trasferimento pronto ad arrivare fino alla Corte Europea.
Intanto nelle scorse settimane dal Consiglio Superiore della Magistratura era giunta una rilettura della vicenda di Sergio Bramini. “Il “forzato sloggio” dell’imprenditore dall’immobile fu in realtà una “condotta coerente con la normativa vigente” – si leggeva nel comunicato affidato ad Ansa – Nel mirino dei consiglieri ci sono innanzitutto i media e “in particolare la trasmissione televisiva le Iene” , colpevoli di aver ricostruito i fatti “in maniera distorta e faziosa”: riferirono che la società di cui Bramini era rappresentante legale era stata fatta fallire per le inadempienze degli enti pubblici, una circostanza che “non risulta aderente alla realtà””. Immediata la replica dell’imprenditore monzese, sempre attraverso la nota trasmissione televisiva.
Barbara Apicella