MONZA – Un documento unico sottoscritto da diverse associazioni impegnate nella tutela degli animali e dell’ambiente in generale. Lav (Lega antivivisezione), Enpa (Ente nazionale protezione animali), Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, Wwf e Lipu (Lega italiana protezione uccelli) dicono no con fermezza all’utilizzo dell’area della Gerascia per dare il via a grandi stagioni musicali.
Gli ambientalisti puntano il dito contro la Sias, la società che ha in gestione l’autodromo, che ha presentato la richiesta di poter costruire nella Gerascia una struttura in grado di ospitare grandi concerti. “Tutto lascia supporre – affermano gli ambientalisti – che il Parco di Monza, da oasi di relativa pace per la fauna selvatica potrebbe trasformarsi in un luogo per grandi manifestazioni musicali, come quelle che si tengono frequentemente al Forum di Assago o, talvolta, allo stadio di San Siro. Per intenderci, quelle che richiamano decine di migliaia di spettatori”.
Nel documento si criticano le posizioni favorevoli al progetto, quella di Fabrizio Sala (vicegovernatore della Lombardia) e quella del consigliere regionale Andrea Monti. “Sostengono che tutto deve avvenire nel rispetto dell’ambiente – spiegano i firmatari del manifesto -. Come sia possibile pensare che ciò non abbia conseguenze sulla flora e sulla fauna selvatica lascia sgomenti. Perdita uditiva, effetto mascheramento derivante dall’impossibilità di udire i segnali ambientali, stress generale, aumento della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio, effetti comportamentali fino all’abbandono del territorio e perdita della fase riproduttiva. Questi sono gli effetti già conosciuti dell’inquinamento acustico sulla vita degli animali selvatici, con la conseguente riduzione e frammentazione del loro habitat”.
Gli ambientalisti sottolineano che quello della Gerascia è “un prato “storico” paesaggistico di alto valore ambientale di conservazione della biodiversità erbacea locale. Un prato a vegetazione spontanea, ricco di essenze, insetti, farfalle e uccelli, che in altre parti del Parco non sono presenti. Un prato molto vulnerabile, in caso di fruizione intensiva e ripetuta da parte di decine di migliaia di persone che, come già accaduto in circostanze precedenti, oltre al persistente calpestio intensivo del suolo lascerebbero un’enorme quantità di rifiuti, di cui una parte consistente di piccole dimensioni di difficile raccolta: come mozziconi di sigarette, tappi di bottiglia, linguette di lattine che, interrandosi, andrebbero a far parte del suolo stesso, col rischio di perdita definitiva e irreversibile del manto erboso e delle specie erbacee che ospita. A ciò andrebbero ad aggiungersi i danni derivanti dal passaggio di mezzi pesanti per la realizzazione della struttura e l’allestimento degli eventi”.
“Grandi concerti, grandi eventi, e quindi servizi, impianti di illuminazione, vie di fuga – aggiungono i firmatari del documento -. Ma non solo: start up economiche, polo di ricerca internazionale per la guida autonoma e – siamo certi – nel tempo non mancheranno strutture per l’accoglienza turistica. Il Masterplan di Regione Lombardia, in fase di elaborazione, metterà la parola fine al Parco di Monza, così come l’abbiamo conosciuto. Il Parco verrà diviso in zone, sezionato, frammentato secondo aree tematiche; tutto ciò ispirato dal “nobile” proposito di “rilanciare” il Parco, di “renderlo fruibile nella sua totalità”, di “valorizzarlo”. È stupefacente la capacità di certi politici di accarezzare i progetti più deleteri con parole seducenti. Ed è altrettanto stupefacente questo persistente impulso suicida di voler rosicchiare, pezzo dopo pezzo, spazi alla natura, come se non bastassero i già altissimi livelli di urbanizzazione e cementificazione del nostro territorio. Evidentemente, per taluni il complesso del Parco di Monza non è un patrimonio storico, culturale, naturalistico in sé, da curare e preservare, bensì un bene da mettere a reddito, da far fruttare”.
Ricordando che si trova in uno dei contesti più urbanizzati, gli esponenti delle associazioni ambientaliste avvertono: “Il Parco è un polmone verde, un’oasi di tranquillità e ristoro per noi umani, una via di fuga dal cemento, dal frastuono, dall’inquinamento, dalla prigione che ci siamo costruiti attorno. E così non sarebbe se contemporaneamente non fosse un rifugio per gli animali selvatici e un prezioso patrimonio boschivo, floristico e monumentale. Questo è, e questo deve rimanere, per noi e per le future generazioni”.