Il figlio Andrea, ora vicecapogruppo della Lega in Regione Lombardia, l’ha ricordato con un messaggio commovente su Facebook. Il senatore Cesarino Monti, esattamente il 22 luglio di sei anni fa, è passato a miglior vita. Da allora il tempo nel borgo sembra essersi fermato. I morti vivono attraverso la memoria di chi c’è ancora: e, mai come nel caso del senatore, il ricordo è più vivo che mai.
Chiamiamolo pure Cesarino, visto che tutti lo chiamavano semplicemente così in amicizia e che lui del titolo di parlamentare non sapeva cosa farsene. Non ha mai preteso di essere chiamato senatore, a lui interessava esercitare quel ruolo per portare avanti i suoi ideali e per essere utile al territorio. La gloria personale, a onor del vero, non l’ha mai cercata.
Già, le sue battaglie politiche. Quando la Lega ancora era vista come fenomeno folkloristico da baraccone o, peggio ancora, come un movimento secessionista che in Italia non avrebbe mai sfondato. Lui era di tutt’altra idea. Quando lo incontravo durante la mia attività di cronista, non perdeva l’occasione per dirmi che sarebbe arrivato il giorno in cui gli italiani avrebbero capito la concretezza dei “lumbard” e l’idea innovativa che avrebbe permesso di dare una svolta.
Era un politico che non si tirava mai indietro di fronte alle battaglie. Anzi, in quelle occasioni era normale vederlo in prima fila, pronto a metterci la faccia. Scontri duri, sia con gli altri partiti nelle varie sedi istituzionali, sia con i sindaci del territorio brianzolo. Memorabili gli scontri con lo storico avversario Riccardo Brunati di Lentate sul Seveso, cresciuto nella Federazione Giovani Comunisti. Scontri non in punta di fioretto, tanto per intenderci.
Al di là delle sue idee, da qualsiasi punto di vista ci si voglia oggi porre, a Cesarino però bisogna ricordare una qualità. Anzi, due. La prima è la concretezza: dava anima e corpo per la politica, ma i risultati ha saputo portarli a casa. Per rendersene conto è sufficiente fare un giro a Lazzate. Un paese una volta uguale a tanti altri delle Groane, che lui ha saputo trasformare in un piccolo gioiellino.
La seconda qualità, invece, è l’onestà mista a quell’altruismo che rende il politico popolare e stimato. Qualità tutt’altro che scontate in un amministratore pubblico. Eppure ecco tutte le risorse spese sul territorio, ecco tutta l’attenzione per i suoi cittadini, sfociata perfino in quella “folle” idea di regalare le vacanze estive nel borgo a chi non poteva permettersi di spendere soldi: in un colpo solo c’era la possibilità di scegliere tra il mare (con tanto di sabbia e sedie a sdraio) e la montagna (con parete di arrampicata e ventilatori che soffiavano l’aria fredda).
Manca un po’ a tutti Cesarino. Perché per quanto duro e schietto, di fronte a chi lo rispettava era il primo a non affondare il colpo. Un politico “fai da te”, cresciuto sulla strada invece che nelle scuole di partito, forse proprio per questo capace di far presente senza rancore che non aveva gradito un articolo. Ci ricordiamo, negli stessi anni, sindaci capaci di alzare il telefono e di chiamare il direttore di turno per chiedere di allontanare colleghi sgraditi.
Sei anni, sembrano una vita. In effetti dal 2012 al 2018 di cose ne sono cambiate parecchie, anche nella società. Solo una cosa non è cambiata: lui è rimasto Cesarino per tutti e, attraverso le opere realizzate e l’eredità politica che ha lasciato, per molti è ancora un punto di riferimento.
Gualfrido Galimberti