MONZA – “Vorrei venisse inserito nel decreto Mille Proroghe l’abrogazione dell’articolo 560 della Legge 119/2016 Renzi Boschi con effetto retroattivo”. Questa la richiesta che Sergio Bramini avanza attraverso la rete ai vicepremier Luigi di Maio e Matteo Salvini.
“Manteniamo la promessa fatta – prosegue l’imprenditore fallito a causa dello Stato nel video registrato al Parco di Monza e postato sulla sua pagina facebook – Diamo un segnale vero del cambiamento, anche per quello che è la giustizia. Oggi c’è una sperequazione evidente tra creditore e debitore, ridiamo una dignità al debitore, aiutiamo chi si sente perduto e chi vede ancora lo Stato come nemico”.
Sergio Bramini non si ferma e in questa calda estate continua a lavorare. Con un team di avvocati e di esperti sta mettendo a punto quella che è già stata ribattezzata la Legge Bramini e chiede l’intervento di Di Maio e di Salvini affinché l’emendamento venga inserito nel Decreto Mille Proroghe con l’abrogazione dell’articolo 560.
Bramini chiede l’aiuto della rete che da subito gli è stata vicina: con la condivisione del suo video disponibile sulla sua pagina facebook e con la promozione e sottoscrizione di una raccolta firme per abrogare l’articolo 560 della Legge 119/2016.
“Il primo passo deve essere significativo – continua Bramini – L’abrogazione dell’articolo 560 della legge 119/2016 Renzi-Boschi scritta a due mani con le banche, che ha consentito lo sloggio mio e della mia famiglia dalla nostra abitazione non ancora assegnata all’asta e di molte altre persone che si trovano nella mia stessa situazione”.
Bramini ricorda il fatto di cronaca di alcune settimane fa quando venne sfrattato dalla sua casa un anziano di oltre 89 anni finito poi alla Caritas. Ricordando che questo articolo permette lo sloggio dalle abitazioni anche di disabili, anziani e bambini, rendendo certamente più appetibile all’asta una casa vuota.
Una richiesta di intervento concreto a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini anche alla luce del suicidio di Ivan Vedovato, imprenditore veneto di 24 anni che settimana scorsa si è suicidato nella sua ditta a poche ore dallo sfratto esecutivo dall’azienda che aveva ereditato dal padre e che era sommersa dai debiti.
“Che non ci siano più altri Ivan – prosegue Bramini – Lui non ha retto nel vedere sloggiare il suo capannone. Io ho tre figli che sono coetanei di Ivan: il suo suicidio non può passare inosservato. Così come non possono passare inosservati i suicidi di 8.050 imprenditori e persone finite sul lastrico; né gli sfratti nei prossimi 8 mesi di 500mila famiglie e imprenditori”.
I primi si troveranno senza casa, i secondi senza l’azienda che ha dato da mangiare a tante famiglie.
Un circolo vizioso che, purtroppo, in alcuni casi finisce prima dello sfratto con il suicidio di chi non regge alla vergogna e al dispiacere di vedersi buttato fuori di casa o dall’azienda.
Barbara Apicella