Via libera a 1,2 milioni di italiani che fanno gli agricoltori per passione coltivando appezzamenti di terreno pubblici o privati per garantirsi cibo genuino e trascorrere un po’ di tempo all’aria aperta. Lo rende noto la Coldiretti nell’evidenziare che la riapertura nella Fase 2 è stata appena chiarita con la faq pubblicata sul sito del Governo sulle novità del DPCM del 26 aprile in vigore dal 4 maggio, sul quale permangono incertezze e differenze a livello regionale su come trascorrere il tempo libero, dal mare ai parchi.
Al capitolo agricoltura allevamento e pesca si precisa espressamente che – sottolinea la Coldiretti – la coltivazione del terreno per uso agricolo o forestale e l’attività diretta alla produzione per autoconsumo rientrano nei codici ATECO “0.1.” e “02” e sono quindi consentite, a condizione che il soggetto interessato attesti, con autodichiarazione completa di tutte le necessarie indicazioni per la relativa verifica, il possesso di tale superficie agricola o forestale produttiva e che essa sia effettivamente adibita ai predetti fini, con indicazione del percorso più breve per il raggiungimento del sito.
Una svolta importante che – precisa la Coldiretti – risponde alle sollecitazioni per garantire lo svolgimento di una attività gratificante ma anche utile a garantire le forniture alimentari in un momento in cui un numero crescente di italiani si trova in difficoltà economica, con circa 4 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto per mangiare.
“La crisi economica provocata dall’emergenza Coronavirus – rileva la Coldiretti – fa dunque rivalutare la funzione degli orti di “guerra” quando nelle città italiane, europee e degli Stati Uniti si diffondevano gli coltivazioni per garantire approvvigionamenti alimentari. Sono famosi i “victory gardens” degli Stati Uniti e del Regno Unito dove nel 1945 venivano coltivati 1.5 milioni di allotments sopperendo al 10% della richiesta di cibo. Ma sono celebri anche gli orti di guerra italiani nati al centro delle grandi città per far sì che, nell’osservanza dell’imperativo del Duce, “non (ci fosse) un lembo di terreno incolto”. Sono negli annali della storia le immagini del foro Romano e di piazza Venezia trasformati in campi di grano e la mietitura svolta in piazza Castello, centro e cuore di Torino in ogni epoca”.
Una attività che è tornata ad essere incentivata in molte città con 174 milioni di metri quadrati di orti urbani presenti nei capoluoghi di provincia lungo tutta la penisola, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat. Ora i tempi sono cambiati ed ai motivi economici si sommano quelli di volersi garantire cibo sano da offrire a se stessi e agli altri od anche la voglia di voler trascorrere più tempo all’aperto a contatto con la natura dopo mesi di chiusura forzata in casa. Una tendenza che – continua la Coldiretti – si accompagna anche da un diverso uso anche del verde privato con i giardini e i balconi delle abitazioni che sempre più spesso lasciano spazio ad orti per la produzione “fai da te” di lattughe, pomodori, piante aromatiche, peperoncini, zucchine, melanzane, ma anche di piselli, fagioli fave e ceci da raccogliere all’occorrenza.
Accanto a chi esprime la propria passione in orti e giardini ci sono anche molti italiani che non si accontentano e hanno a disposizione almeno un ettaro di terreno a uso familiare. Si tratta – spiega la Coldiretti – in larga maggioranza di famiglie che hanno ereditato aziende o pezzi di terreno da genitori e parenti dei quali hanno voluto mantenere la proprietà per esercitarsi nel ruolo di coltivatori e allevatori, piuttosto che venderli come accadeva spesso nel passato. Ma ci sono anche tanti che hanno acquistato terreni o piccole aziende agricole anche in aree svantaggiate per ristrutturarle e avviare piccole attività produttive, dall’olio al vino, dall’allevamento delle galline a quello dei cavalli.
Se in passato erano soprattutto i più anziani a dedicarsi alla coltivazione dell’orto, memori spesso di un tempo vissuto in campagna, adesso – sottolinea la Coldiretti – la passione si sta diffondendo anche tra i più giovani e tra persone completamente a digiuno delle tecniche di coltivazione. Un bisogno di conoscenza che è stato colmato con il passaparola e con le pubblicazioni specializzate, ma che ora ha favorito la nascita della nuova figura del tutor dell’orto che la rete degli orti urbani di Campagna Amica mette a disposizione.