MILANO – Dire no all’ingresso dei lombardi nella propria regione o, comunque, porre limiti facendoli sentire indesiderati, si può pagare a caro prezzo. I lombardi, infatti, sono quelli che spendono di più nel turismo: oltre il 20% della spesa nazionale per questo settore. Lo rivela il Touring Club Italiano attraverso uno studio articolato che si basa sui dati dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica.
Il tutto con una premessa: per quest’anno, secondo quanto pubblicato dall’Organizzazione mondiale del turismo, per tutto il settore sarà un flop. I più ottimisti arrivano a considerare un -58% dei flussi internazionali, i più pessimisti si spingono fino al -78% stimando una ripresa soltanto a partire da dicembre. “Si tratta di uno scenario assolutamente nuovo – commenta il Touring Club Italiano – e inimmaginabile fino a pochi mesi fa con i numeri del 2020 che saranno molto più simili a quelli degli anni Ottanta: un’era geologica fa per il settore in cui gli spostamenti erano molto più ridotti – non esistevano le low cost – e le tecnologie non erano un fattore così presente e “facilitante” come succede ora”.
Per questi motivi il Touring Club Italiano, visto il crollo ormai più che probabile dei flussi internazionale del turismo, è andato ad approfondire quella che può essere l’unica risorsa: ovvero il “turismo domestico”.
Quali saranno i potenziali effetti sul settore nel momento in cui gli italiani potranno nuovamente viaggiare e quali regioni possono “guidare” la ripresa turistica? “Secondo i più recenti dati Istat – spiega il Touring Club Italiano – le prime cinque per residenti sono Lombardia (10 milioni di abitanti), Lazio (5,9 milioni), Campania (5,8 milioni), Sicilia (5) e Veneto (4,9): da sole rappresentano ben il 52% della popolazione italiana, composta da circa 60 milioni di persone. La numerosità degli abitanti, però, non è l’unico indicatore da considerare in questo caso. Sulla propensione al viaggio incidono anche altri fattori: economici, sociali e geografici. Sempre Istat ci dice infatti che, se mediamente un italiano effettua per i motivi più diversi 1,2 viaggi all’anno, a livello territoriale ci sono differenze marcate, soprattutto tra Centro-Nord e Sud: nel Nord-Est si registra un dato di 1,8, al Centro di 1,5, al Nord Ovest di 1,3, mentre al Sud (0,6) e nelle lsole (0,5) i dati sono molto più contenuti”.
“Effettivamente, guardando questa volta al numero di presenze generate in Italia dai residenti nelle diverse regioni – aggiunge l’ufficio studi del Touring Club Italiano -, vediamo come la propensione al turismo generi una fotografia differente (rispetto al solo numero di abitanti) di chi in realtà traini il comparto: le prime cinque sono infatti Lombardia (46,7 milioni di presenze), Lazio (21,5 milioni), Veneto (20,4), Emilia-Romagna (19) e Campania (17,2) che “producono” da sole quasi il 60% delle presenze domestiche totali. Se consideriamo parallelamente i dati della spesa turistica degli italiani in Italia – da una nostra stima circa 65 miliardi di euro – i lombardi contribuirebbero per circa 14 miliardi, i laziali e i veneti per circa 6,5 miliardi ciascuno, gli emiliani-romagnoli per quasi 6 e i campani per poco più di 5 miliardi di euro”.
“Da più parti in queste settimane si è prevista una ripresa del settore grazie al turismo di prossimità: si tratta in realtà – afferma il Touring Club Italiano – guardando ai dati, di un fenomeno già ben consolidato in molte aree del Paese. Non assisteremo quindi a un cambiamento radicale nelle abitudini per una parte consistente di popolazione italiana; a mutare sarà il modo con cui ci si approccerà all’esperienza turistica (mascherina, distanziamento sociale, file, rilevazione temperatura corporea ecc). Delle prime cinque regioni, infatti, ben quattro hanno come prima destinazione di viaggio lo stesso ambito regionale di residenza (fa eccezione la Lombardia che è secondo mercato per i lombardi). In particolare, si segnala che un terzo delle presenze prodotte dai veneti e dagli emiliano-romagnoli resta all’interno delle rispettive regioni. Ciò si spiega con il fatto che sono molto estese ma anche perché quasi tutte dispongono di un affaccio sul mare, elemento trainante del turismo domestico. Non è un caso quindi che sia proprio la Lombardia a fare eccezione e ad avere come primo mercato l’Emilia-Romagna”.
“A fronte dello scenario delineato – conclude il Touring Club Italiano -, si pone infine la questione di quali strategie potrebbero mettere in campo le altre regioni del Paese, oltre chiaramente a lavorare sui rispettivi mercati interni, ma certamente dai numeri molto più contenuti rispetto a quelli dei ‘big’, per proporsi alle principali regioni di origine dei flussi. Probabilmente occorrerà un’azione di sistema, anche extraturistico, per garantire la sicurezza sanitaria, ovvero per far in modo che localmente si possano reggere eventuali recrudescenze del coronavirus anche tra i turisti e, dall’altra, una di prodotto. Ovvero puntare sulla sicurezza sicurezza – ricettività alberghiera, servizi di spiaggia, ristorazione, servizi museali ecc. – e parallelamente investire su prodotti che per caratteristiche intrinseche presentano oggi meno fattori di rischio legati al coronavirus – ovvero tutte le attività che hanno a che fare con il turismo attivo e lento, per esempio – ma che necessitano di adeguata promozione e di servizi accessori – soprattutto digitali – che li possano rendere facilmente fruibili dai turisti”.