Nel periodo del lockdown, mentre le famiglie erano chiuse in casa, lui superava indisturbato i confini dell’Italia: l’export del vino italiano, ha continuato a funzionale. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor si tratta di un +5,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Per la Francia, nello stesso periodo, un -10,1%.
A fare da traino, in particolare, il mercato americano. In calo, ma comunque importante per i nostri produttori: +10,8% negli Stati Uniti (nel primo bimestre era +40%) e +7,1% in Canada.
Le bollicine in cima alle preferenze degli importatori. Ad aprile, infatti, per quanto riguarda i vini fermi imbottigliati italiani si registrano pesanti cali in tutti i mercati considerati, a eccezione di Canada, Russia e Corea del Sud: si va dal -5,2% del Giappone al -12,5% degli Usa (+6,8% gli sparkling), dal -26% della Svizzera al -48% della Cina, per un deficit complessivo sull’anno precedente del 7,2%, contro però il -22,2% francese.
Il peggio non è passato per il mondo del vino. Secondo l’Osservatorio nei prossimi mesi la crisi si farà sentire ancora per diversi motivi: minor potere di acquisto della domanda, oltre allo smaltimento dell’invenduto nella ristorazione e nei magazzini degli importatori.
Intanto, però, malgrado l’emergenza l’Italia ha guadagnato quote di mercato in quasi tutti i Paesi importatori. La crescita maggiore è stata registrata in Svizzera (dal 33,1% al 37,7%) e negli Stati Uniti (dal 31,4% al 34,2%), dove da marzo ai primi di maggio si sono impennate del 31% le vendite nell’off trade, in particolare nelle fasce medie di prezzo (11-20 dollari), segmento in cui l’Italia è molto presente e competitiva.