Nel 2020 due terzi delle imprese del settore moda rischiano di perdere un terzo del proprio fatturato. A lanciare l’allarme CNA Federmoda che ha svolto un’indagine insieme a Local Global, per monitorare la situazione del settore in “epoca Covid-19”, coinvolgendo l’intero comparto (moda, tessile, abbigliamento, pelle, cuoio e calzature). L’indagine ha riguardato sia le imprese presenti sul mercato finale e sia quelle che operano in conto terzi o nella produzione di componenti.
La rilevazione, realizzata a metà luglio, conferma la dimensione dell’impatto del Covid e del lockdown sulle piccole imprese della moda, con conseguenze negative e molto pronunciate su produzione, fatturato, liquidità, investimenti e indebitamento. L’85,9% delle imprese intervistate, infatti, dichiara un calo del fatturato che nel 50% dei casi è compreso tra il 33% ed il 66%.
Ulteriori segnali forti sono il significativo ricorso agli ammortizzatori sociali e ai contributi economici, richiesti dal 78,9% delle imprese, e una grande difficoltà registrata sul fronte della liquidità.
“Da inizio pandemia come CNA Federmoda stiamo periodicamente aggiornando la fotografia del settore – dichiara il responsabile nazionale di CNA Federmoda, Antonio Franceschini – nell’ottica di avere un quadro aggiornato delle criticità, dei problemi, delle prospettive e per definire al meglio azioni di rilancio”.
Dall’indagine emerge che durante il lockdown un quinto delle imprese ha bloccato la produzione per sei settimane, mentre un decimo è rimasto chiuso per oltre due mesi. Oggi oltre il 70% delle imprese intervistate ha riavviato l’attività, il 15% prevede di farlo comunque entro il 2020, mentre il 3,3% pensa di cessare definitivamente l’attività e il 10% si dichiara estremamente preoccupato per il futuro della propria impresa. Concerie e pelletterie risultano tra quelle più rapide nella ripartenza, con l’85,7% delle imprese che ha riattivato la produzione. Ordini e commesse, insieme ai problemi finanziari sono le difficoltà più ricorrenti.
I riflessi occupazionali non tardano a farsi sentire, anche se con diminuzioni proporzionalmente inferiori rispetto a quelle del fatturato, grazie agli ammortizzatori sociali. Gli effetti della pandemia si notano anche sul fronte degli investimenti: nel 2020 solo il 7,2% delle imprese conferma gli investimenti programmati.
Nonostante gli sforzi delle imprese per fronteggiare la situazione, per 3/4 delle aziende aumenta l’indebitamento, con il conseguente ricorso agli aiuti offerti dallo Stato in questa situazione senza precedenti, come contributi e finanziamenti bancari, la cassa integrazione, e la rinegoziazione dei pagamenti.
Sono davvero poche le imprese che possono ignorare i contributi attivati dallo Stato, solo il 10,5%, e meno delle metà delle imprese non ha richiesto finanziamenti alle banche dall’inizio del lockdown. L’interesse per i contributi è forte e punta a mitigare il calo del fatturato, coprire costi e fronteggiare i problemi di liquidità.
A fronte di questo si registra un sentiment delle imprese non catastrofico, ma orientato ad una ragionevole preoccupazione.
Molte imprese collocano nel 2021 il ritorno alla normalità, ma potrebbero manifestarsi criticità se il sostegno pubblico non fosse nel medio-lungo periodo all’altezza dei bisogni delle imprese.
Per oltre la metà delle imprese ulteriori finanziamenti sarebbero importanti per evitare la chiusura o il ridimensionamento dell’attività, ma rimane l’interrogativo sulla possibilità effettiva di ottenerli, trattandosi di un percorso lungo, costoso e difficoltoso, tanto che solo un quarto delle imprese intervistate ha dichiarato di non aver riscontrato difficoltà nell’ottenerli.
“Le conseguenze economiche causate dal Coronavirus sul settore sono state rilevanti, ora siamo in attesa di comprendere l’evoluzione della pandemia – sostiene il presidente nazionale di CNA Federmoda, Marco Landi – molti mercati di riferimento sono chiusi e la propensione dei consumatori all’acquisto di prodotti moda è molto flebile. Le preoccupazioni sanitarie ed economiche stanno incidendo fortemente sul retail e a questo si aggiunge la difficoltà ad interpretare il mercato e a capire come promuovere le prossime collezioni, soprattutto per le imprese di minori dimensioni e brand meno conosciuti. La maggior parte delle imprese del settore – conclude Landi – sta incrementando la propria presenza online. Per questo CNA Federmoda sta lavorando al lancio di WeLoveModainItaly Digital, ma le sensazioni e gli stimoli che possono essere dati da un contatto diretto con le collezioni e con gli operatori rimangono unici e per certi versi insostituibili”.