L’addio al solo pranzo di Natale fuori casa colpisce quasi 5 milioni di italiani con un crack di circa 250 milioni per ristoranti, alberghi e agriturismi. E’ quanto emerge da una stima della Coldiretti sugli effetti della “stretta di Natale” che interessa i 360mila locali della ristorazione presenti in Italia. Le chiusure provocano un brusco taglio ai consumi di 70 milioni di chili tra pandori e panettoni, 74 milioni di bottiglie di spumante, tonnellate di pasta, 6 milioni di chili tra cotechini e zamponi e frutta secca, pane, carne, salumi, formaggi e dolci spariti dalle tavole lo scorso anno solamente tra il pranzo di Natale e i cenoni della Vigilia e di Capodanno.
L’impossibilità di mangiare fuori fa crollare drasticamente la spesa media degli italiani per i menu di Natale che si riduce del 31% e scende ad un valore di 82 euro per famiglia secondo l’indagine Coldiretti/Fondazione Divulga. Il risultato delle chiusure è che il 2020 fa segnare la spesa più bassa per le tavole di Natale degli italiani da almeno un decennio anche se resistono i prodotti nazionali simbolo del tradizionale appuntamento con cali contenuti che vanno dal -15% per lo spumante al -4% per i panettoni mentre crolla dell’80% lo champagne stappato soprattutto nei locali chiusi.
La situazione di difficoltà si trasferisce a cascata sull’intera filiera agroalimentare, dall’industria all’agricoltura, con un drastico taglio degli acquisti di prodotti alimentari e bevande da portare in tavola. Paradossale secondo la Coldiretti è la chiusura degli agriturismi che, spesso situati in zone isolate in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono i luoghi più sicuri perché è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche.