Fin da bambino sapeva quello che voleva dalla vita: aiutare il prossimo. Anche se costretto sulla sedia a rotelle, anche se per lui la vita sarebbe stata più in salita rispetto ai suoi coetanei.
Nadir Malizia non si è mai arreso e oggi quel sogno si sta avverando. Nadir, classe 1976, originario di Cremona ma residente nelle Marche, disabile dalla nascita a causa di una sofferenza fetale e di un parto prematuro, è l’autore di “Vita su quattro ruote” (Gruppo C1V Edizioni di Roma) un libro nel quale ripercorre la sua vicenda personale. Ma non solo.
Parlare della sua vita, della famiglia, del lavoro, dei viaggi, degli studi e dell’amore da quella particolare visuale della sua sedia a rotelle è solo lo spunto per un discorso più ampio, per una riflessione a 360 gradi sulle difficoltà di chi oggi vive la situazione di disabilità. Una situazione nella quale Nadir si trova intrappolato fin dalla nascita ma nella quale ciascuno potrebbe ritrovarsi a causa di una malattia, di un incidente o del semplice trascorrere della vita.
“La mia è una storia per tutti – precisa subito Nadir nella lunga intervista telefonica – Il mio non è solo un libro indirizzato a chi vive personalmente una situazione di disabilità”.
Un fiume in piena, una chiacchierata intensa e coinvolgente quella che ci ha regalato l’autore, laureato in Giurisprudenza ad Udine con specializzazione in Diritto Comunitario e Internazionale dell’Unione Europea. Dopo la laurea Nadir si è scontrato con la realtà, con la difficoltà di realizzare il suo sogno di aiutare il prossimo anche attraverso la sua professione di avvocato: troppe le barriere (non solo architettoniche) nel nostro Paese.
“Per due mesi mi sono dedicato esclusivamente all’invio del curriculum alla ricerca di uno studio dove ottenere il praticantato – racconta Nadir, una storia simile a quella di tanti suoi colleghi neolaureati – Ne ho inviati circa 400. Molti neanche mi hanno risposto, altri mi hanno detto che lo studio era ubicato in strutture storiche e quindi a me non accessibili. Mi sono sentito dire persino che ero troppo preparato. Poi c’è stato chi mi ha aperto le porte, ma non mi ha insegnato nulla”.
Inutile perdere tempo: Nadir non si è mai arreso perché, malgrado le difficoltà, aveva (e ha) ben chiaro l’obiettivo che vuole raggiungere. E c’è chi in lui ha creduto: l’avvocato Gianni Casale che lo ha coinvolto nel Progetto Anthea (www.progetto-anthea.com).
“Sono molto felice di questo incarico – continua – Spero di raggiungere tanti altri importanti obiettivi”. Instancabile si è già messo al lavoro per la pubblicazione di un nuovo libro, sempre con la stessa casa editrice, scritto a quattro mani con la musicoterapista Rita Meschini.
Ogni giorno Nadir si deve confrontare e scontrare con le barriere, accompagnato da quell’ottimismo che trasmette e si percepisce anche da una semplice chiacchierata telefonica: è un vulcano di idee e di energie.
“La disabilità e il rapporto con il disabile nel corso dei decenni è cambiato – continua – Negli anni Settanta venivamo additati come poverini, spesso allontanati. I miei genitori non mi hanno mai trattato come un poverino, ma come una persona normale. Anche a scuola sono stato fortunato: la mia disabilità non è mai stata un problema, anzi alle superiori mi invitavano nelle classi a raccontare la mia storia”. Certo le difficoltà e la sofferenza fisica e anche quella interiore non sono mancate: Nadir ha dovuto sottoporsi a diversi interventi chirurgici che obbligatoriamente hanno rallentato il suo percorso scolastico. Ma non si è mai arreso.
Nadir ha viaggiato, studiato, sognato, ha pianto e sorriso come un qualsiasi ragazzo prima e uomo oggi, a prescindere dalla sua situazione fisica. “Ho viaggiato parecchio, sia da solo sia con i miei genitori – racconta – In Italia purtroppo il portatore di handicap viene visto prima come disabile e non come persona. All’estero, invece, siamo cittadini come tutti gli altri. In Germania all’aeroporto di Francoforte appena atterrato mio papà mi stava spingendo sulla sedia a rotelle quando il direttore ci ha raggiunti e bloccati. Ci ha fatto accompagnare dagli addetti dell’aeroporto perché all’interno della struttura era loro la responsabilità”. Un’accortezza e una sensibilità che non sempre si riscontrano in Italia.
“A Londra mi muovo autonomamente – continua – In Italia ogni giorno è un tour de force tra buche e marciapiedi sconnessi”. Quello che nel nostro Paese manca al disabile è l’autonomia. “Prima di andare in un Museo devo accertarmi che sia accessibile – prosegue Nadir – Se voglio viaggiare in treno devo allertare prima le stazioni, non tutte sono accessibili ai disabili”.
Quello che Nadir sogna e che vuole trasmettere anche attraverso il suo libro è la creazione di una città, di una nazione, di un mondo a misura di tutti, dove ciascuno a seconda della propria età e problematica possa comunque muoversi autonomamente.
Nadir nella sua “Vita su quattro ruote” affronta anche i temi del bullismo, dell’omosessualità tabù che tanti diversamente abili vivono con profonda angoscia. Inviando un messaggio positivo e di riscatto. Malgrado la disabilità. Nella certezza che solo crescendo future generazioni che non guardano la differenza fisica ma la sostanza del cuore e della mente, si potranno abbattere le barriere.
Per chi desidera richiedere il libro “Vita su quattro ruote” inviare un’email a c1vedizioni@gmail.com, oppure richiederlo con un messaggio whatsapp al numero 380.8811999, o rivolgendosi direttamente in libreria o sulla pagina Facebook creata dalla casa editrice.
Barbara Apicella