Se a marzo, nell’ultimo numero della congiuntura, Confcommercio aveva parlato di “miraggio” per quel che riguarda la ripresa economica, oggi attenua un po’ i toni e sottolinea che il malato resta grave ma “in progressivo miglioramento”. Secondo il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, “c’è la necessità di distinguere i segnali di genuina ripartenza da quelli illusori, derivanti dal mero confronto statistico rispetto ai primi mesi della pandemia durante i quali furono sostanzialmente inibite moltissime attività”.
L’ICC segnala a marzo il ritorno, dopo più di un anno, in territorio positivo con una crescita del 20,6% nel confronto annuo che, comunque, appare largamente insufficiente a compensare le perdite dei consumi patite un anno fa. In altre parole, il livello della spesa reale a marzo 2021 è ancora inferiore a quello di marzo 2019 del 19%. Secondo Bella, “in alcuni ambiti della domanda di beni, in particolare abbigliamento e calzature, nel confronto con il 2019 le riduzioni di spesa in termini reali sono ancora attorno al 30%”.
Dunque il problema è che se non ci sarà una vera ripartenza delle attività economiche, in particolare quelle legate ai settori del commercio, della ristorazione e del turismo, “domanda quasi azzerata per filiera turistica e attività legate al tempo libero”, a fine anno il Pil non supererà il 4%.