MONZA – Sergio Bramini non si dimette dal suo incarico come consulente del vice premier Luigi Di Maio, ma soprattutto sta lavorando senza sosta per fare abrogare il prima possibile l’articolo 560 (legge 119/2016 Renzi-Boschi) per evitare che 160 mila famiglie vengano sloggiate dalla loro prima casa e 340mila imprenditori si vedano portar via aziende e capannoni lasciando sul lastrico migliaia di lavoratori.
L’imprenditore m0nzese fallito a causa dello Stato non si arrende e alla vigilia della ripresa delle attività del Governo è più agguerrito che mai. In un video, registrato e diffuso ieri sul suo profilo Facebook, mette i puntini sulle “i” allontanando quelle voci di dimissioni dal suo incarico di Governo e di conseguenza anche il suo impegno per l’abrogazione dell’articolo che oggi permette di sfrattare gli inquilini dalla prima casa, ancor prima della vendita all’asta e anche in presenza nel nucleo familiare di disabili, anziani e minori.
Anche se l’emendamento per l’abrogazione di questo articolato non è rientrato né nel Decreto Dignità né in quello Mille Proroghe e malgrado la grande la preoccupazione di Sergio Bramini per la vendita all’asta della sua casa il prossimo 22 novembre al prezzo base di appena 500mila euro, lui non si arrende e affila ancora di più le sue armi. “Facciamo un passo alla volta – spiega – L’emendamento e il pacchetto della legge Bramini sono pronti, ma è difficile far approvare tutto in un’unica legge. C’è un iter preciso, facciamo un passo alla volta”.
La priorità di Sergio Bramini è adesso l’abrogazione dell’articolo 560, con valore retroattivo, permettendo così a molte famiglie oggi senza una casa di rientrare nel loro appartamento nell’attesa che venga venduto all’asta. “Io vi rappresento – continua rivolgendosi ai suoi followers – Ho alzato la testa e ho fatto sentire la mia voce che è la vostra voce. Affinché casi come il mio non si ripetano”.
Bramini è seriamente preoccupato per quello che da qui a pochi mesi potrebbe accadere: se l’articolo 560 non verrà abrogato 500 mila persone si ritroveranno senza casa e azienda. “Aggiungendosi a quei 5milioni e mezzo di italiani che vivono sulla soglia di povertà – continua – e a quei 10milioni che vivono in una condizione di povertà relativa”.
Bramini non si ferma solo alle parole: dopo aver già redatto il pacchetto legislativo che porta il suo nome si sta impegnando affinché il Governo istituisca un fondo per aiutare quelle persone che rischiano di perdere casa e impresa.
Raccontando la vicenda di Franco Arnaboldi, imprenditore canturino di nascita ma toscano d’adozione che da oltre 40 anni sta combattendo contro Tribunali, periti, Tar, Corte Europea e che oggi forse è riuscito a trovare uno spiraglio a quella vicenda che, come uomo e come imprenditore, dalla metà degli anni Settanta lo ha messo in ginocchio.
Sergio Bramini si è preso a cuore la vicenda del collega: Arnaboldi oggi ha 77 anni ed è riuscito a far riaprire la sua vicenda. L’imprenditore lombardo aveva acquistato a Cecina un grande terreno con annesso un casale dell’Ottocento. Secondo il progetto quell’area sarebbe stata costeggiata dalla superstrada. Ma neppure il tempo di investire i soldi per riqualificare il casale e dar inizio all’attività agricola che il Pgt venne modificato in corsa d’opera: la tangenziale passò direttamente nel podere di Arnaboldi, proprio sotto le finestre di quel prezioso casale.
“L’imprenditore è rimasto senza un quattrino – ha continuato Bramini – Non si è mai arreso e da allora è andata avanti con processi e tribunali. Arrivando persino in Europa: la Corte europea gli ha dato ragione ma la sentenza è attesa ormai da anni”.
Fino al colpo di scena di pochi giorni fa. “Il Pm ha bloccato lo sloggio che sarebbe dovuto avvenire proprio in settimana – prosegue Bramini – Esistono ancora giudici imparziali e passatemi il termine puliti, che leggono gli atti e capiscono i problemi della gente. Io mi batto e mi batterò affinché ci sia par condicio tra creditore e debitore che deve sì saldare il suo debito ma nei tempi consoni alle sue possibilità”.
Bramini conclude poi il suo intervento ricordando il suo impegno affinché non si verifichino più suicidi di imprenditori o lavoratori finiti sul lastrico: dal 2010 al 2017 sono state 8.050 le persone che hanno deciso di farla finita per i debiti, due nell’ultima settimana.
Barbara Apicella