L’estate è oramai entrata nel vivo della stagione, ma le Associazioni di categoria aderenti a Confcommercio hanno avuto e continuano ad avere grandi difficoltà nel trovare lavoratori stagionali qualificati.
“In questo momento – ha dichiarato il direttore generale di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, Roberto Calugi – nella ristorazione ci sono 150mila posti di lavoro liberi. I ristoratori non riescono a trovare il personale”. Sono diversi i motivi per cui la gente decide di non accettare il lavoro tra cui spiccano l’incertezza che circonda il settore, tra le aperture e le chiusure continue che hanno caratterizzato questi mesi, e tutte quelle persone che non vogliono perdere i vari sussidi di assistenza statali. Mancano soprattutto camerieri, barman e cuochi qualificati, il cuore pulsante della ristorazione. Ci troviamo di fronte ad una situazione che fa male non solo a tutto il settore, ma all’intero sistema di accoglienza italiano. “I turisti stranieri – ha continuato Calugi – arrivano in Italia in particolar modo per la ristorazione, che è soprattutto attività di sala, non solo di cucina, con la capacità di accogliere e fare stare bene i clienti. Capacità e competenza che con questa situazione si perdono”. Un’altra delle motivazioni che spingono le persone a rifiutare un posto di lavoro è legato al reddito di cittadinanza. Sempre più spesso i lavoratori stagionali decidono di non accettare le proposte lavorative per non perdere i soldi del reddito o chiedono di essere pagati in nero sempre per non rinunciare al sussidio statale. La proposta del presidente di Confindustria per permettere di cumulare il reddito di cittadinanza con quello di un contratto stagionale è, secondo Fipe, una buona idea, ma di breve durata. Questo perché “per risolvere i problemi nell’incrocio domanda-offerta di lavoro, serve un intervento strutturale sulle politiche attive”, ha spiegato Calugi. Per la Federazione una persona non può rifiutare tre o quattro offerte di lavoro senza perdere il reddito di sussistenza, come accade invece in altri Paesi europei. In Italia non esiste un vero tracciamento delle offerte di lavoro che un soggetto riceve e rifiuta, quindi per affrontare al meglio il problema servirebbe una riforma delle politiche attive incentrata su questo aspetto.
Nel settore alberghiero, secondo Federalberghi (la Federazione delle associazioni italiane alberghi e turismo), mancano soprattutto le figure di medio livello, quelle che hanno una retribuzione media intorno ai milleduecento-milletrecento euro al mese. Una situazione legata soprattutto al reddito di cittadinanza, come spiega il presidente Bernabò Bocca, che dovrebbe aiutare le classi che si trovano in difficoltà, ma sempre più spesso si sono verificati casi di persone che hanno deciso di rifiutare un posto di lavoro per continuare a prendere l’assegno del reddito. “Ci vorrebbero degli uffici di collocamento – ha continuato Bocca – come funziona negli altri Paesi: qualora rifiutasse un posto di lavoro perde il reddito o lo perde parzialmente. Altrimenti, è il caso di una pensione a vita e non va bene”.
Anche nel comparto della balneazione risulta sempre più difficile trovare lavoratori stagionali qualificati in vista dell’estate. “Si fa una grande fatica a trovare personale per gli stabilimenti balneari, tra bagnini e manutentori. Nessuno va a lavorare se percepisce un reddito stando a casa”. Questo il commento del vice presidente di Sib (il Sindacato italiano balneari), Simone Battistoni. Secondo i dati dell’Associazione, l’80% dei dipendenti negli stabilimenti sono ragazzi fuori sede che studiano e hanno bisogno di soldi per pagarsi l’affitto. “Il vero problema è che oltre al reddito di cittadinanza sono arrivati anche i ristori”, ha spiegato Battistoni. Ci sono stati, infatti, tantissimi casi di dipendenti che hanno chiesto di essere licenziati per poter percepire i ristori o i sussidi statali. Di questo passo sarà difficile, se non impossibile, affrontare al meglio la stagione estiva.