Si è seduto su una delle sedie più scomode della storia, ma se l’è cavata benissimo. Con il 30 agosto non si può non ricordare la figura di Alfredo Ildefonso Schuster, Cardinale di Milano dal 1929 fino alla sua morte avvenuta proprio in questo giorno nell’anno 1954. Anni, pensandoci bene, tutt’altro che semplici: prima quelli della dittatura fascista, poi quelli della Seconda Guerra Mondiale. Vissuti da Cardinale, tra la gente disorientata e impaurita, nella diocesi più grande del mondo.
Una carriera brillante la sua all’interno della Chiesa. Un ambiente che già la sua famiglia conosce più che bene: il papà, Johann, è un sarto che lavora in Vaticano proprio al servizio dei vesvoci e delle guardie svizzere. Morirà molto presto. Anche questo contribuirà all’ingresso del giovane nello studentato di San Paolo fuori le mura. Sarebbe tuttavia sbagliato considerarlo un raccomandato di quei tempi: la possibilità che gli si offre dimostra di essersela guadagnata, visto che nello studio è davvero eccellente. Ha una marcia in più rispetto ai suoi compagni.
Non è un problema per lui terminare con profitto anche il percorso accademico con la laurea il Filosofia. Monaco benedettino, nel 1904 è presbitero nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Nel 1918, quando ha solo 38 anni, diventerà abato ordinario di San Paolo fuori le mura. Non rimarrà però confinato a quel ruolo. In vaticano è molto apprezzato per le sue capacità, per il suo equilibrio, per la sua lungimiranza. A lui viene affidata anche la missione di Visitatore apostolico nell’Arcidiocesi di Milano. All’epoca, dopo avere individuato in Venegono Inferiore il luogo ideale per la costruzione del seminario, non avrebbe mai lontanamente immaginato che a Milano l’avrebbero poi spedito per sempre.
Il 26 giugno 1929, infatti, Papa Pio XI, che da desiano queste zone le conosce più che bene, lo vuole come Arcivescovo metropolita di Milano. Primo passo che precedela sua nomina cardinaliziaa avvenuta nemmeno un mese più tardi. Stavolta non sarà una delle tante missioni ordinarie che gli sono capitate di svolgere in precedenza. Innanzitutto per il ruolo, nella diocesi più grande del mondo. Poi per la durata: ben 25 anni trascorsi in terra meneghina. E poi per le enormi difficoltà visto il periodo storico.
Lui li trascorre in mezzo alla gente, convinto che con il cristianesimo anche il fascismo possa acquistare un lato più umano e che, attraverso il fascimo, si possa arrivare a una evangelizzazione delle colonie africane. Cambierà completamente idea quando saranno approvate le leggi razziali. Ci mette nuovamente la faccia alla caduta della Repubblica Sociale Italiana: è lui a organizzare un incontro tra Benito Mussolini e i partigiani, perché si possa arrivare a una resa pacifica, offrendo al dittatore la possibilità di rimanere sotto la sua protezione nell’Arcivescovado in attesa di essere consegnato alle forze alleate. Mussolini rifiuterà, le cose andranno diversamente e in modo tragico.
Il 30 agosto 1954 il Cardinale si spegne nel seminario di Venegono Inferiore, quello da lui voluto. Tre anni più tardi si apre il processo di canonizzazione. Nel 1996 sarà beatificato da Papa Giovanni Paolo II.