MONTALCINO – La nascita del primo wine district dell’era moderna, un aumento esponenziale (+1.962%) del valore del vigneto e il successo di una “controrivoluzione agricola” che, nelle ultime 3 decadi, ha ripensato l’evoluzione di un territorio attorno allo sviluppo della qualità di un prodotto legato a doppio filo con le sue radici. Sono “les trente glorieuses” di Montalcino, miracolo economico del principe dei rossi toscani che in occasione dei 30 anni di “Benvenuto Brunello”, l’evento che dal borgo toscano ha inventato le “Anteprime” dei vini italiani nel 1992, festeggia l’exploit di uno dei simboli del made in Italy da semplice prodotto della terra a caso di studio dell’enologia italiana e mondiale. Oggetto di una ricostruzione storica affidata dal Consorzio del Brunello di Montalcino al sito specializzato online WineNews.it, il trentennio 1992-2022 testimonia la circolarità virtuosa di un distretto che, pioneristicamente, ha saputo trovare fin dai suoi albori la chiave del proprio successo proprio nel trinomio della sostenibilità ambientale, economica e sociale. “Il concetto di qualità – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – oggi non si limita al solo vino ma abbraccia una sfera più ampia. A un aumento della qualità del Brunello corrisponde in maniera direttamente proporzionale un incremento del benessere socioeconomico della comunità sul territorio”.
E a dimostrarlo sono i numeri, raccolti nell’analisi di WineNews, che documentano una crescita trasversale del territorio, trainata dal boom del suo prodotto ambasciatore. Se infatti nel 1992 un ettaro di terreno vitato di Brunello di Montalcino valeva 40 milioni di vecchie lire (36.380 euro attuali secondo il coefficiente Istat per l’attualizzazione dei valori), oggi il prezzo è circa 20 volte superiore, pari a 750.000 euro, con una rivalutazione record del +1.962% che raggiunge il +4.500% se si allarga l’orizzonte temporale al 1966, quando un ettaro di terreno vitato costava 1,8 milioni di lire. Stando alle stime 2020 del Consorzio, il “vigneto Brunello” vale oggi circa 2 miliardi di euro complessivi, e continua ad attrarre investimenti.
A partire dai primi anni ’90, la produzione di Brunello ha portato a Montalcino professionalità da 70 Paesi diversi, rendendola non solo un vero e proprio “melting pot” di esperienze e know how (rappresenta il 15,8% la percentuale di stranieri sulla popolazione totale, il doppio della media italiana), ma anche un esempio virtuoso in tema di occupazione, soprattutto giovanile e una disoccupazione che non arriva al 2%, in grado di assorbire anche gran parte della manodopera dei Comuni limitrofi. Quasi la metà delle oltre 1.500 imprese sono oggi a stampo agroalimentare, di cui 300 legate direttamente all’agricoltura, e si è assistito negli ultimi 30 anni anche al decuplicarsi degli esercizi nel campo della ristorazione e dell’hospitality. Forte della bellezza del territorio e il sodalizio con le altre “Eccellenze di Montalcino” (tartufo bianco, olio, miele, zafferano, formaggio, prugne, pasta e farro), il borgo medievale è stato infatti precursore anche nel campo del turismo enogastronomico. Ogni anno accoglie oltre 1 milione di enoturisti e “big spender” (con quasi 200.000 presenze e più di 75.000 arrivi prima del Covid, secondo le elaborazioni su base statistica della Regione Toscana), in 7 casi su 10 stranieri e provenienti da più di 60 Paesi.
Sul fronte del prodotto, attualmente sono 14 milioni le bottiglie immesse nel mercato (di cui 9 milioni di Brunello di Montalcino e 4 milioni di Rosso di Montalcino). A produrle sono 218 aziende (erano 147 nel 1992) su oltre 4.300 ettari di vigneti coltivati essenzialmente a Sangiovese (di cui 3.150 iscritti a Doc e Docg, e quasi il 50% a coltivazione biologica). Le esportazioni, che nel 1993 erano il 45% delle vendite, rappresentano oggi il 70% del business, che raggiunge ogni anno più di 90 Paesi in tutto il mondo, con Stati Uniti, Canada, Germania e Regno Unito in testa. Interessante anche il dato sulla resa dello sfuso, che ha registrato un incremento del +300% nelle ultime tre decadi. Infine, le giacenze in cantina con gli stock conservati in botte nei caveau delle cantine che secondo l’analisi valgono già 400 milioni di euro e addirittura 1,2 miliardi una volta che il Brunello sarà imbottigliato e pronto alla vendita.