Chi fa la spesa in questi giorni avrà notato che il prezzo della verdura è in forte aumento. “C’è una narrazione che ci vede sempre più attenti a consumare frutta e verdura di stagione – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – ma la realtà è che ancora oggi la maggior parte di chi fa la spesa cerca di accontentare i propri gusti, scegliendo tra ciò che il mercato offre”.
La verdura fresca, che d’inverno si ottiene solo sotto serra, è in testa alle preferenze dei consumatori: le temperature rigide, l’aumento dei costi produttivi e le fisiologiche tensioni commerciali fanno sì che in alcuni periodi i prezzi al consumo diventino particolarmente elevati.
I pomodori sono aumentati del 35%, le melanzane del 37%. I listini del Caat – Centro agro alimentare di Torino – rilevano che un anno fa in questo periodo (prezzi all’ingrosso) i cavolfiori bianchi costavano 90 centesimi al chilo, mentre oggi sono quotati 1,30 euro; le zucchine valevano 1,60 euro, mentre oggi sono a 2,65 euro. L’aumento più consistente, complici le gelate, è quello dei finocchi, passati da 45 centesimi al chilo a 2,30 euro.
Rispetto alla “normalità” del periodo, che vede la verdura più cara d’inverno, quest’anno c’è un elemento in più che incide sui prezzi. “Da un anno a questa parte il costo dei fertilizzanti azotati è aumentato mediamente del 290% – spiega Enrico Allasia – mentre il gas metano utilizzato per il riscaldamento delle serre, è aumentato di oltre il 600%”.
In base alle rilevazioni del servizio tecnico di Confagricoltura Piemonte 1 quintale di urea un anno fa costava 30 euro, mentre oggi supera i 95 euro. Il gas metano veniva fatturato 0,18 euro al metro cubo, mentre oggi costa 1,20 euro.
“I consumatori pagano di più la verdura, ma ciò nonostante gli orticoltori sono in grande difficoltà, perché con le contrattazioni all’ingrosso non riescono a recuperare i maggiori costi che sostengono – chiarisce Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte – e se non interverrà per stabilizzare i costi energetici molte aziende saranno costrette ad abbandonare la produzione, riducendo la disponibilità dell’offerta. Per questo è necessario – aggiunge il direttore di Confagricoltura Piemonte – che nell’ambito della filiera ciascuno faccia la propria parte, evitando di penalizzare esclusivamente il settore della produzione primaria, per evitare di far crescere la dipendenza dall’estero e peggiorare i conti della bilancia commerciale del nostro Paese”.