PONTOGLIO (BS) – Il dolore più grande, per un genitore, è quello di sopravvivere a un figlio. Se poi questo figlio non viene portato via da una malattia ma dalla droga, il dolore diventa disperazione, una ferita profonda e lancinante impossibile da cicatrizzare.
Una ferita che ancora oggi sanguina nel cuore di Gianpietro Ghidini, manager di successo che nel 2013 ha perso l’amato figlio Emanuele ad appena 16 anni per una maledetta pasticca di droga. Oggi quel padre si è risollevato e ha trasformato il suo dolore in energia, andando in giro per l’Italia a parlare (e soprattutto ascoltare) gli adolescenti. Ragazzi che hanno l’età che aveva il suo Emanuele: stessi problemi, stessa solitudine e paure adolescenziali, stesso rischio di incappare in cattive compagnie e magari una sera di sballo ingerire quella maledetta pasticca che si è portato via il suo Emanuele.
Gianpietro Ghidini domani, martedì 11 settembre, sarà ospite del teatro dell’oratorio San Giovanni Bosco (via Roma 21) dove incontrerà tanti ragazzi. Racconterà la storia di quell’amato figlio che non conosceva fino in fondo, troppo occupato con il suo lavoro che lo portava fuori casa anche 15 ore al giorno. La sera poi, quando tornava, spesso non aveva tempo ed energie da dedicare ai suoi tre figli (Alessandra, Emanuele e Giulia) e alla moglie Serenella. La sua unica preoccupazione era non fare mancare nulla ai suoi cari.
Poi tutto è cambiato quella sera del novembre 2013 quando Gianpietro Ghidini ha ricevuto quella telefonata che ha stravolto la sua vita. Il suo Ema era morto: durante un’uscita con gli amici aveva assunto una pasticca di droga. In preda alle allucinazioni si era gettato nel fiume vicino a casa morendo tra le acque gelide. Un fiume tanto caro ad Emanuele che da bambino si divertiva a liberare in quelle acque i suoi pesciolini rossi invece di farli morire nello stagno di casa.
Una famiglia Ghidini era una famiglia distrutta dal dolore, fino a quando pochi giorni dopo il funerale del ragazzo il padre ha deciso di rimboccarsi le maniche, affinché quanto accaduto al suo Ema non accadesse ad altri e quella sua latitanza dall’ascolto dei figli non venisse ripetuta da altri genitori.
Gianpiero Ghidini ha così creato la Fondazione Pesciolino Rosso, ha scritto un libro intitolato “Lasciami volare papà” (edito da Mondadori) che è diventato anche uno spettacolo teatrale adattato dal regista Mauro Mandolini. La missione di papà Gianpietro è quella di parlare ai ragazzi, di allontanarli dalla droga, di non farli cadere in quella trappola dove ha perso la vita il suo ragazzo.
Nella Fondazione c’è grande attenzione all’ascolto e i ragazzi hanno accolto con immenso piacere la possibilità di sfogarsi e confrontarsi via email con Carolina Bocca, una mamma che è riuscita a salvare suo figlio dalla dipendenza. I ragazzi sanno che inviando un’email all’indirizzo condividilatuastoria@gmail.com possono raccontare il loro vissuto senza essere giudicati. In caso di necessità la Fondazione offre la possibilità di avere un colloqui con professionisti a tariffe agevolate. Il sodalizio inoltre va in aiuto anche di don Roberto, in sacerdote di Roma che per anni ha lavorato a contatto con i ragazzi disperati della stazione Termini aiutandoli ad intraprendere il loro cammino di vita.
Perché, nell’era della comunicazione, quello che maggiormente manca ai nostri adolescenti è proprio l’ascolto incondizionato degli adulti. Di quella mamma e di quel papà che non si mettono dalla parte del giudice ma del semplice ascoltatore.
Tutti i dettagli sulle attività della Fondazione sono sul sito www.pesciolinorosso.org
Barbara Apicella