L’annunciato arrivo della pioggia salva le semine degli agricoltori e le tavole degli italiani all’inizio di una primavera con 1/3 in meno di pioggia con punte nelle regioni del nord dove si registra una gravissima siccità con le precipitazioni che sono addirittura praticamente dimezzate. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’atteso annuncio della pioggia e della neve al Nord, fondamentale per rimpinguare le riserve idriche quasi a secco.
L’arrivo delle precipitazioni è importante per salvare oltre il 30% della produzione agricola nazionale, fra pomodoro da salsa, frutta, verdura e grano, e la metà dell’allevamento che si trovano nella pianura padana, dove il fiume Po fa registrare un livello idrometrico di -3,3 metri, come in piena estate ma pesanti anomalie si vedono anche nei grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 5% di quello di Como al 31% del Maggiore, secondo il monitoraggio della Coldiretti.
La garanzia della produzione nazionale è importante per l’approvvigionamento alimentare del Paese in una situazione internazionale segnata da accaparramenti e speculazioni con carestie nei aree più povere e inflazione in quelli ricchi come in Italia dove i prezzi del cibo sono saliti in media del 4,6% con punte che vanno dal 19% per l’olio di semi davanti alla verdura fresca che cresce del 17% e la pasta che costa il 12% in più con la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi a febbraio. Aumenti dei prezzi significativi nel carrello fanno segnare nell’ordine burro (+11%), frutti di mare (+10%), farina (+9%), margarina (+7%), frutta fresca (+7%), pesce fresco (+6%) e carne di pollo (+6%).
Sono infatti partite le prime semine primaverili di mais, soia e girasole, per l’alimentazione delle stalle per la produzione di latte e carne, che hanno bisogno di acqua per consentire la lavorazione dei terreni e la germinazione delle coltivazioni sulle quali pesano i forti aumenti di costi con più di 1 azienda agricola su 10 (11%) in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo. I maggiori incrementi percentuali di costi correnti (dal +170% dei concimi fino al +129% per il gasolio) – continua la Coldiretti – sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.
Il cambiamento climatico consente peraltro di sfruttare la possibilità concessa dall’Unione Europea alla coltivazione di ulteriori 4 milioni di ettari aggiuntivi in Europa dei quali 200mila in Italia. Una decisione che – sottolinea la Coldiretti – dovrebbe consentire all’Italia di aumentare di 15 milioni di quintali la produzione di cereali necessari per ridurre la dipendenza dall’estero in una situazione in cui l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, con i raccolti nazionali che coprono rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.