Torna il segno meno a marzo sulle vendite al dettaglio dopo la discreta performance fatta registrare a febbraio. Secondo i dati preliminari diffusi dall’Istat c’è stato infatti un calo dello 0,5% in valore e dello 0,6% in volume rispetto al mese precedente, con le vendite di beni non alimentari giù dello 0,8% in valore e dello 0,7% in volume e quelle degli alimentari stazionarie in valore e in calo in volume (-0,6%). In confronto allo stesso mese del 2021 risulta un aumento del 5,6% in valore e del 2,5% in volume, mentre su base trimestrale emerge una crescita in valore (+0,2%) e una diminuzione in volume (-0,8%).
Dal confronto con lo stesso mese dell’anno precedente emerge un aumento per i beni non alimentari (+11,6% in valore e +10,4% in volume) mentre i beni alimentari registrano una diminuzione in valore (-0,5%) e, in modo più netto, in volume (-6%). Tra i beni non alimentari, in crescita tendenziale tutti i gruppi di prodotti a eccezione di Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (-0,5%). Gli aumenti maggiori riguardano Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (+24,6%), Mobili, articoli tessili, arredamento (+20,9%) e Abbigliamento e pellicceria (+20,5%). Sempre rispetto a marzo 2021, il valore delle vendite cresce per la grande distribuzione (+4,6%), le imprese operanti su piccole superfici (+7,7%) e le vendite al di fuori dei negozi (+7%), mentre è in calo il commercio elettronico (-3,9%).
“Il calo registrato, in termini congiunturali, dalle vendite nel mese di marzo non è una sorpresa ed è in linea con il rallentamento dell’economia e la persistente crescita dell’inflazione. Le famiglie cominciano ad avere atteggiamenti decisamente più prudenti nei confronti del consumo, in particolare per quei segmenti ritenuti meno necessari. Situazione che si legge anche nel rallentamento registrato nei periodi più recenti dal commercio elettronico”. Questo il commento dell’Ufficio Studi Confcommercio ai dati sulle vendite al dettaglio a marzo diffusi dall’Istat.
“Non debbono ingannare nella lettura dei dati – continua la nota – gli aumenti, a due cifre, registrati nel confronto annuo da alcuni comparti merceologici quali l’abbigliamento e le calzature: se si guarda al raffronto con lo stesso mese del 2019 il ritardo, a valore, è, infatti, ancora molto ampio. Comincia a riemergere, infine, la difficoltà di sviluppo del fatturato da parte delle aziende fino a 5 addetti: nei primi tre mesi del 2021 la variazione tendenziale delle vendite a valore è quasi metà rispetto a quella delle imprese più strutturate e, al netto dell’inflazione al consumo, si avvicina pericolosamente a una condizione di riduzione dei volumi”.