MONZA – A pochi giorni dalla formazione del Governo Matteo Salvini e Luigi Di Maio erano già arrivati ad un accordo: il Governo del cambiamento non avrebbe più permesso che ci fossero altri Sergio Bramini. Oggi, superata la soglia dei primi 100 giorni il rischio è che, di Sergio Bramini, entro otto mesi ce ne saranno altri 500 mila. Entro sei mesi sono previsti gli sloggi esecutivi di 160mila famiglie che verranno sfrattate dalla prima casa e di 360mila imprenditori ai quali verranno pignorati capannoni e macchinari.
Ad oggi, infatti, non è stata ancora approvata la richiesta di abrogazione dell’articolo 560 (Legge 119/2016 Renzi-Boschi) che permette lo sloggio forzato ai morosi dalla prima abitazione, anche in presenza di anziani, disabili e minori. Né la cosiddetta “legge Bramini” già predisposta dall’imprenditore monzese con un team di esperti che rivoluziona il sistema delle aste finanziarie e il pagamento dei debiti (anche pregressi) da parte della Pubblica Amministrazione.
Alla vigilia del prossimo incontro di Sergio Bramini con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (fissato dopo il 15 settembre) anche l’onorevole pentastellato Pierluigi Paragone che negli ultimi mesi si era preso a cuore la vicenda del monzese, sollecita il Governo ad intervenire. “Bramini è una brava persona – ha dichiarato nel video postato pochi giorni fa sulla sua pagina Facebook – Sta soffrendo. Noi dobbiamo essere il Governo dell’ascolto, dobbiamo attuare una manovra di coraggio, siamo diversi e lo dobbiamo dimostrare”.
Alla vigilia dello sloggio forzato dalla sua villa di Sant’Albino (che il prossimo 22 novembre finirà all’asta) Sergio Bramini aveva ricevuto il sostegno sia di Luigi Di Maio sia di Matteo Salvini, accolti entrambi da un bagno di folla.
Il leader del Movimento 5 Stelle si era presentato nella casa del monzese la sera prima dello sfratto. “Gli abbiamo promesso a Sergio Bramini che al Governo (dopo le elezioni del 4 marzo si stava ancora lavorando alla costituzione dell’esecutivo) avremmo lavorato insieme per evitare che il suo dramma accada agli altri – dichiarava nella diretta facebook dallo studio di Bramini, insieme ai colleghi pentastellati Gianmarco Corbetta e Gianluigi Paragone – Negli altri Paesi non esiste che lo Stato non estingua i suoi debiti. Noi ce la stiamo mettendo tutta con la Lega per formare il nuovo Governo. Nel patto ci sono la riforma delle procedure fallimentari e il pagamento dei debiti da parte delle Pa”. La promessa, mantenuta, di assoldare Sergio Bramini come consulente del Governo proprio per riformare questo settore.
Il giorno dopo, il 18 maggio, in mattinata anche il leader del Carroccio si era presentato nella villa di Bramini auspicando che lo sfratto non avvenisse. “Parlo dei tanti Bramini, che non hanno la sua forza – ha ricordato Matteo Salvini – Nel Governo c’è bisogno di gente come Sergio che faccia le leggi, che lo Stato paghi i suoi creditori, non si tocchi la prima casa. Va rivisto anche il sistema delle aste fallimentari: bisogna tutelare le imprese, le famiglie e la prima casa”.
Impegni presi prima della formazione del Governo davanti alla villa di via Sant’Albino e ribaditi anche il 2 giugno, quando il Governo era stato formato. Il neo vicepremier Luigi Di Maio durante il suo discorso alla folla, aveva voluto Sergio Bramini al suo fianco sul palco. “Da oggi lo Stato siamo noi – aveva dichiarato – Siamo arrivati tardi per salvare la casa di Sergio Bramini, ma non per salvare quella di tanti altri imprenditori che si trovano nella sua stessa situazione”. Dopo aver annunciato l’entrata del monzese nel suo governo come consulte al suo Ministero, ha ribadito la necessità di intervenire rapidamente. “Sergio lavorerà con me per redigere una legge che aiuti gli imprenditori”, ha aggiunto.
Sergio Bramini si era già portato avanti. “La prima bozza di riforma è già pronta – ha ricordato dal palco il 2 giugno – Una riforma della legge fallimentare e in primis l’abrogazione dell’articolo 560. La prima casa deve essere resa impignorabile”. Lo ha ribadito a luglio durante un suo intervento al Parlamento Europeo.
Un emendamento per l’abrogazione dell’articolo 560 (legge 119/206 Renzi Boschi) che a cento giorni dalla nascita del Governo Bramini non è riuscito a far rientrare né nel Decreto Mille Proroghe né nel Decreto Dignità. Non si è arreso e ha avviato anche una petizione on line. Perché, di Sergio Bramini, l’Italia non ne abbia più.
Barbara Apicella
1 Comment
Io mi trovo nella medesima situazione,con l’aggravante che che il mio mutuo fatto nel 2006 è viziato da usura(euribor e tassi usurai) accertati da perito con tanto di relazione.Non solo ma nel 2008 dopo che ho perso il lavoro ho informato la Banca con lettere raccomandate con R:R: di potere avere allungato il tempo del mutuo con abbassamento della rata.Nessuna risposta a questo mio appello.Io ho 72 anni,voglio rientrare del mio debito a poco a poco perchè è l’unica casa che ho e dove vivo con mia moglie e due ragazzi minorenni affidati dal tri.dei min ori.Ne vogliamo parlare
‘mi devo suicidare secondo loro?