Il razionamento delle forniture di gas da parte della Russia rimette al centro del dibattito il tema della sicurezza energetica. L’Ocse, nel rapporto pubblicato la scorsa settimana, stima che un blocco improvviso di tutte le importazioni di combustibili fossili dalla Russia, non compensato da scorte o da altri input energetici, determinerebbe un calo fino al 3% della produzione europea manifatturiera e dei servizi di mercato. Nello scenario più severo proposto nella relazione annuale di Banca d’Italia – in cui si ipotizza un inasprimento del conflitto associato ad una interruzione delle forniture di gas dalla Russia – si determinerebbe una prolungata recessione dell’economia italiana, con un calo del PIL dello 0,3% nel 2022 e dello 0,5 nel 2023.
La rarefazione dell’offerta sta tornando a spingere in alto i prezzi del gas, con le quotazioni di riferimento per il mercato europeo che ieri sono ritornate sui livelli di fine marzo. Sulla base dei dati mensili, a maggio 2022 i prezzi in euro del gas europeo sono 3,8 volte quelli di 12 mesi prima; nei primi cinque mesi del 2022 risultano 10,3 volte la media del 2020. L’escalation dei prezzi determina pesanti ricadute sulle imprese, come evidenziato oggi da una nostra impresa associata ad Agorai. Si registrano diffusi casi di lockdown energetico e la riduzione della domanda di gas delle imprese manifatturiere: secondo i dati diffusi dal GME di fonte Snam Rete Gas, a maggio 2022 i consumi industriali di gas scendono dell’8,4%, dopo il calo dell’8,1% di aprile e quello del 10,3% di marzo.
Kilowattora elettrico a tutto gas – In Italia la pressione dei prezzi del gas si ripercuote su quelli dell’energia elettrica, dato il maggiore utilizzo di questa commodity nel mix di generazione: come indicato in nostre precedenti analisi, l’Italia è al primo posto nell’Unione europea a 27 per energia elettrica prodotta con il gas. Sulla base dei dati pubblicati ieri dall’Agenzia internazionale dell’energia dell’Ocse (IEA, International Energy Agency), negli ultimi dodici mesi terminanti a marzo 2022 l’Italia produce il 50,4% dell’energia elettrica con il gas e il 39,1% da rinnovabili. Per la Germania, dopo il 43,6% di rinnovabili, il 29,8% arriva dal carbone mentre si ferma al 14,4% la produzione con il gas; in Francia domina, con il 67,2% della produzione, l’apporto del nucleare, seguito dal 23,1% di rinnovabili, mentre il gas si ferma al 6%.
Nel primo trimestre del 2022 l’uso del gas sale del 27,9% su base annua in Italia, mentre scende del 1,6% in Germania. Con dinamica opposta la produzione di elettricità da rinnovabili, che registra una salita del 22,3% in Germania a fronte di una riduzione del 24,1% in Italia, appesantita dal crollo (-44,4%) di produzione idroelettrica causata dalla siccità.
Gli effetti sui prezzi dell’elettricità dei differenti mix sono evidenti: ad aprile il prezzo dell’energia elettrica in Italia sale del 68,6%, a fronte di un più limitato dinamismo in Germania, dove i prezzi salgono del 19,3%, e in Francia, dove l’aumento si ferma al 6,9%.
Il bilancio del gas nei primi due mesi di guerra – L’analisi dei bilanci mensili del gas pubblicati dal Mite evidenzia un contenimento della dipendenza dalle forniture alla Russia. Nei primi due mesi di guerra l’import di gas è aumentato di 846 milioni di m3, pari al +6,4%, combinazione di un calo di 1.299 milioni di m3 standard (-25,3%) del gas in arrivo al Tarvisio, pressoché interamente proveniente dalla Russia, a fronte dell’aumento di 1.442 milioni m3 del gas azero in arrivo a Melendugno e dell’incremento di 1.254 milioni m3 di gas tunisino in arrivo a Mazara del Vallo. Rimane limitato (+107 milioni m3, pari al +4,9%) l’aumento del gas naturale liquefatto in arrivo ai rigassificatori mentre desta una qualche sorpresa l’aumento 846 milioni di m3 delle esportazioni, che a marzo-aprile del 2021 erano di 40 milioni di m3 e salgono a 885 milioni di m3 a marzo-aprile 2022.
Come cambiano nel 2022 le quote dei paesi fornitori di gas – L’analisi del valore delle importazioni per paese indica che nel primo trimestre del 2022 la quota più elevata rimane quella della Russia (37,0%, in forte riduzione rispetto al 46,6% del 2021), seguita da Azerbaigian (17,8%, quasi il doppio del 9,7% del 2021), Algeria (14,3%, era 22,8% nel 2021), Norvegia (8,7%, era 2,4% nel 2021), Qatar (8,2%, era 9,4% nel 2021), Stati Uniti (4,9%, era 1,2% nel 2021), Libia (3,2%, era 5,9% nel 2021) e Paesi Bassi (1,6%, era 0,6% nel 2021).