PARMA – Nella giornata di martedì i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e contestuale decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica.
Con l’ordinanza sono state disposte 4 misure cautelari personali, di cui 3 in carcere e 1 agli arresti domiciliari.
Con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di € 96.389.350,00 di crediti di imposta, che si aggiungono ai € 13.982.791,00 già sottoposti a sequestro in data 21 aprile nell’ambito della medesima indagine, per un totale di € 110.372.141,00 di crediti d’imposta ritenuti fittizi (in quanto riferiti a lavori edilizi mai eseguiti) sottoposti a sequestro.
Si tratta di crediti d’imposta connessi ai cosiddetti “bonus facciata”, “eco bonus” e “sisma bonus”, introdotti tra le misure di sostegno emanate dal Governo con il cosiddetto decreto rilancio (D.L. 34/2020), durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19, per aiutare imprese, professionisti e privati in difficoltà. La norma ha previsto la possibilità di cedere il credito d’imposta a soggetti terzi, inclusi istituti di credito e intermediari finanziari.
Nel corso della complessiva operazione condotta tra aprile ed il 5 luglio, sono state contestualmente eseguite perquisizioni a Parma e provincia, nonché in Lombardia e nel Lazio, con il supporto dei Reparti del Corpo territorialmente competenti e l’ausilio di cash-dog, ossia unità cinofile addestrate dalla Guardia di Finanza a fiutare l’odore dei soldi.
Le attività di polizia giudiziaria, dirette dalla Procura della Repubblica di Parma e svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Parma, traggono origine dall’esame condotto dai finanzieri nell’ambito dell’autonoma attività antiriciclaggio di due segnalazioni di operazioni finanziarie sospette (cosiddette S.O.S.) del febbraio 2022 riferite ad una società per azioni, avente sede legale e luogo di esercizio a Parma.
In particolare, la società parmigiana avrebbe ricevuto, per il tramite di terzi soggetti, una provvista di denaro formatasi a seguito della monetizzazione di crediti d’imposta legati a “sisma bonus”, “eco bonus” e “bonus facciata”, procedendo poi a trasferire detta somma all’estero, su un rapporto bancario lituano riconducibile ad un trust svizzero.
Partendo dall’analisi di tale operazione e ricostruendo l’origine del flusso finanziario, i finanzieri hanno individuato il soggetto che “a monte” avrebbe costituito il credito d’imposta fittizio per € 13.982.791,00, l’intera catena cui lo stesso è stato ceduto e colui che lo ha in parte monetizzato attraverso la cessione a Poste Italiane spa.
I conseguenti approfondimenti condotti sui componenti dell’intricata “catena di cessione” hanno consentito di individuare, secondo la Procura della Repubblica, numerosi soggetti che, oltre ad essere parte della catena, avrebbero a loro volta creato nuovi crediti d’imposta derivanti da interventi edilizi mai effettuati per ulteriori € 96.389.350,00, per un totale di complessivi € 110.372.141)
Secondo l’ipotesi accusatoria, quel che appare dalle indagini è un complesso sistema finalizzato alla creazione di crediti d’imposta fittizi per lavori edilizi mai eseguiti, alla successiva “frammentazione” verso molteplici soggetti economici generalmente privi di consistenza economica e/o operativa, e alla monetizzazione presso Poste Italiane S.p.A.
La tempestività delle indagini, avviate a fine febbraio u.s., ha consentito di sequestrare l’intero ammontare dei crediti fittizi creati e di impedire – per la quota di € 100.000.000 circa, ossia il 90% del totale – l’imminente monetizzazione presso istituti di credito.
Per il GIP, plurimi elementi portano a ritenere che le vicende oggetto di indagine siano riconducibili alla medesima regia che ha saputo creare un vero e proprio sistema di frode ai danni del Fisco e di soggetti disposti a monetizzare i crediti fittizi.
I soggetti individuati, di cui quattro tratti in arresto, hanno comunicato all’Agenzia delle Entrate, attraverso l’inserimento nell’apposito portale, la disponibilità di crediti fiscali dell’ammontare di diversi milioni di euro ciascuno, che hanno dichiarato di aver ricevuto a fronte di fantomatici interventi di “recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica”.
In effetti, dalla documentazione acquisita è emerso come i dati catastali comunicati dai soggetti indagati siano riferiti a n. 281 immobili inesistenti, n. 23 immobili ubicati in comuni soppressi da tempo (anche nei primi anni del secolo scorso) e decine di altri immobili di proprietà di terzi soggetti estranei alle condotte.
Oltre all’inesistenza degli immobili, nel corso delle indagini è emerso come sia i soggetti che hanno “creato” i crediti fittizi che le imprese inserite nella filiera di cessione dei crediti stessi fossero, in realtà, privi di consistenza economica e operativa, circostanza desunta, tra gli altri, dai seguenti elementi:
– sostanziale assenza di redditi;
– mancato pagamento di imposte a debito;
– assenza di fatture di acquisto emesse e/o ricevute;
– assenza di proprietà immobiliari, di sedi effettive e di utenze intestate.
Secondo la ricostruzione investigativa, decine di imprese sono state costituite ed utilizzate con il fine esclusivo di trasferirvi i crediti di imposta inesistenti, destinati alla futura monetizzazione, polverizzandoli in tante successive cessioni di minori importi in modo da dissimularne l’illiceità, far perdere le tracce dei crediti fittizi e rendere più difficoltosa la ricostruzione del meccanismo di frode.
A titolo esemplificativo, presso il medesimo notaio e ad iniziativa del medesimo promotore, due dei soggetti destinatari di custodia cautelare in carcere hanno costituito – ciascuno in un solo giorno – 10 società a responsabilità limitata semplificata (con sedi in parti diverse del territorio nazionale: Padova, Treviso, Verona, Venezia, Vicenza, Genova, Imperia, Rovigo, La Spezia, Belluno), immediatamente utilizzate per veicolare in più passaggi crediti d’imposta fittizi creati dai medesimi soggetti in qualità di persone fisiche.
Ancora, i due soggetti sopra indicati avrebbero creato dal nulla, rispettivamente € 13.982.791,00 e € 14.012.150,00 di crediti a fronte di lavori inesistenti per scambiarseli in parte reciprocamente e dare seguito alla catena di cessioni.
A casa di un altro indagato destinatario di misura cautelare in carcere – indiziato di aver creato dal nulla € 23.871.250,00 di crediti fittizi, sono stati rivenuti atti e documentazione bancaria riferiti ad altri soggetti a vario titolo coinvolti nella truffa. Pertanto, secondo l’ipotesi d’accusa, condivisa dal GIP, non si tratterebbe di un mero esecutore di ordini altrui, bensì ma di un soggetto in grado di gestire gli altri indagati.
È emerso, inoltre, che 12 indagati che hanno ceduto crediti di imposta per fittizi lavori milionari sono risultati percettori di reddito di cittadinanza e che molti altri indagati vantano, invece, numerosi precedenti penali per truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, rapina, furto, uso illecito di carte di credito e reati in materia di stupefacenti.
I reati a vario titolo contestati nell’ambito dell’indagine sono:
– l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D.lgs. 74/2000), per la formazione e cessione di crediti d’imposta fittizi per un valore complessivo di € 110.372.141,00;
– la truffa aggravata ai danni di ente pubblico (art. 640 comma 2, n. 1, c.p.), nei confronti dei soggetti che hanno monetizzato i crediti fittizi presso Poste Italiane S.p.A., anche nella forma tentata riferita ai casi in cui la cessione del credito non è stata accettata da Poste Italiane S.p.a.;
– l’autoriciclaggio (art. 648 ter.1 c.p.) in relazione alla somma di € 426.442,76,00 che un indagato per truffa aggravata realizzata per tale importo ai danni di Poste Italiane S.p.a. ha trasferito in proprie attività economiche e imprenditoriali attraverso alcune operazioni, quali bonifici privi di una reale ragione commerciale o economica, volte, secondo l’ipotesi d’accusa, ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro;
– riciclaggio (art. 648bis c.p.) ipotizzato per un indagato, rappresentante legale della società parmense da cui sono scaturite le indagini, che ha ricevuto € 118.500,00 quale provento di truffa aggravata a seguito di monetizzazione di crediti d’imposta e ha provveduto a trasferirla, senza alcuna giustificazione documentale e/o commerciale sottostante, a un trust svizzero avente un rapporto bancario lituano.