L’aumento dei prezzi – in particolare di utenze e altre spese fisse incomprimibili – inizia ad avere un impatto sui consumi delle famiglie. Che, dopo un anno di crescita, si apprestano a tornare in territorio negativo: per il trimestre estivo si prevede un calo della spesa dei consumatori di -800 milioni di euro rispetto all’estate scorsa. E senza un rallentamento dell’inflazione, il gap è destinato ad allargarsi in autunno, con una perdita di -2,1 miliardi di euro di consumi concentrata nell’ultimo trimestre dell’anno. A stimarlo è Confesercenti.
Un’inversione di tendenza che allontanerebbe ancora di più la ripresa dei consumi, ormai impossibile da afferrare prima del 2024: a fine 2022, infatti, la spesa delle famiglie risulterebbe ancora di 36 miliardi inferiore al livello pre-pandemico, e anche le prospettive per il 2023, al momento, sono di un forte rallentamento, con un’inflazione ancora al 4% nella media annua.
A rallentare i consumi, l’incertezza sulla fase economica – in particolare sulle prospettive di fine anno – che spinge le famiglie ad una maggiore cautela. Ma a pesare è soprattutto l’inflazione, che sta spingendo i consumatori anche a ridistribuire il budget tra le voci di spesa, in un quadro condizionato dall’aumento delle spese fisse, che valgono ormai metà del bilancio familiare. La quota di spesa media mensile familiare impegnata dalle spese di casa e dalle utenze (abitazione, acqua, elettricità e gas), infatti, passa dal 37,4% del 2021 al 42% dei primi sei mesi del 2022, 52,3% se si considerano anche le spese dei trasporti.
L’aumento dei prezzi dell’ultimo anno, infatti, si è concentrato soprattutto su beni energetici e carburanti. Il tasso di inflazione medio del +6,6% stimato per l’intero 2022, infatti è generato soprattutto dagli incrementi registrati da elettricità, combustibili e spese per l’abitazione (+2,5%) e trasporti (+1,5%), che insieme determinano una variazione dei prezzi del +4%, mentre i prodotti alimentari contribuiscono per il +1,4% e tutti gli altri beni e servizi +1,2%. Aumenti cui corrisponde una diminuzione di tutte le altre voci: abbigliamento e calzature, mobili, articoli e servizi per la casa, comunicazione, ricreazione, spettacoli e cultura, servizi ricettivi e di ristorazione, persino spese per la salute.
La corsa di energia, combustibili e materie prime sta dunque iniziando ad incidere in maniera rilevante sulla dinamica dei consumi delle famiglie e del mercato interno. In questo quadro, riteniamo imprescindibile prolungare le misure fiscali volte a contenere la trasmissione dei prezzi internazionali sui prezzi nazionali. Misure che devono dare sollievo a famiglie e imprese, ma anche ripristinare la fiducia, eradicando le aspettative di inflazione. Confesercenti propone di utilizzare le maggiori entrate – ad esempio IVA – derivanti dall’aumento dei prezzi energetici per detassare gli incrementi salariali legati all’inflazione: sarebbe un sostegno utile per facilitare i rinnovi contrattuali e dare nuovo slancio alla ripresa della spesa.