Il maltempo con precipitazioni violente ha provocato gravi danni senza peraltro contribuire a sconfiggere la situazione di grave siccità con i livelli del Po non riescono da oltre due mesi a risalire la china dai -3 metri sotto lo zero idrometrico, più basso che a Ferragosto di un anno fa con la siccità che colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le coltivazioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali, in un momento in cui è necessario garantire la piena produzione con la guerra in Ucraina. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla preoccupante situazione del fiume al Ponte della Becca (Pavia).
La pioggia – sottolinea la Coldiretti – era attesa per combattere la siccità nelle campagne ma per essere di sollievo deve durare a lungo, cadere in maniera costante e non troppo intensa, mentre i forti temporali, soprattutto con precipitazioni violente provocano danni poiché i terreni non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento provocando frane e smottamenti come purtroppo è accaduto. Il più grande fiume italiano resta praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume fondamentale per il sistema ambientale, naturalistico e agricolo della pianura padana dove per la mancanza di acqua è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo.
La situazione di carenza idrica riguarda anche i laghi del Nord con il Maggiore che registra un livello negativo di quasi 24 centimetri sotto lo zero idrometrico e quello di Como che va ancora peggio con meno 36 centimetri mentre nelle zone a valle serve l’acqua per irrigare le coltivazioni. Le campagne italiane sono allo stremo con cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove – evidenzia la Coldiretti – si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati.
Preoccupa anche la vendemmia appena iniziata in Italia con una prospettiva di un calo del 10% delle uve mentre – continua la Coldiretti – è allarme negli uliveti con il caldo che rischia di far crollare le rese produttive. Oltre che in pianura gli effetti del cambiamento climatico si fanno dunque sentire anche in montagna con un profondo cambiamento del paesaggio con i pascoli che sono sempre più secchi e le pozze per abbeverare gli animali asciutte a causa della mancanza di pioggia e delle alte temperature che stanno prosciugando pure i ghiacciai alle quote più alte. La mancanza di acqua manda in crisi un sistema fondamentale per l’agricoltura e l’allevamento in montagna mettendo a rischio produzioni tipiche, dai formaggi ai salumi. Un patrimonio conservato nel tempo grazie alle imprese agricole che assicurano un impegno quotidiano per la salvaguardia delle colture agricole, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari.
Siamo di fronte – spiega la Coldiretti – a un impatto devastante sulle produzioni nazionali con danni che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale. Con l’Italia che è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo, si sta verificando un aumento delle importazioni dall’estero con un ulteriore aggravio di costi soprattutto per gli allevamenti, che dipendono dai cerali e dai foraggi per l’alimentazione degli animali.
“Occorre intervenire nell’immediato con misure di emergenza per salvare i raccolti e il futuro di aziende e stalle in grave difficoltà” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “la devastante siccità che stiamo affrontando ha evidenziato ancora una volta che l’Italia ha bisogno di nuovi invasi per raccogliere l’acqua a servizio dei cittadini e delle attività economiche, come quella agricola che, in presenza di acqua, potrebbe moltiplicare la capacità produttiva in un momento in cui a causa degli effetti della guerra in Ucraina abbiamo bisogno di tutto il nostro potenziale per garantire cibo ai cittadini e ridurre la dipendenza dall’estero”.
“Con l’Anbi, l’Associazione nazionale delle bonifiche, abbiamo elaborato – conclude Prandini – un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di bacini di accumulo (veri e propri laghetti) per arrivare a raccogliere il 50% dell’acqua dalla pioggia. I laghetti sarebbero realizzati senza cemento, con pietra locale e con le stesse terre di scavo con cui sono stati preparati, per raccogliere l’acqua piovana e utilizzarla in caso di necessità”.