Il clima di incertezza contribuisce al progressivo deterioramento delle previsioni sul PIL italiano del 2023, anno in cui la crescita rallenta nettamente rispetto a quella rilevata nel 2022. Secondo l’analisi delle più recenti stime dello Svimez dopo la crescita del +3,8% del PIL del 2022, nel 2023 la dinamica si ferma al +0,5%, grazie al +0,8% Centro-Nord mentre nel Mezzogiorno si registra un calo dello 0,4%. Si rilevano tassi di crescita doppi rispetto alla media per Liguria e Abruzzo, entrambe a +1,1%, e per Valle d’Aosta e Marche, entrambe a +1,0%, mentre le flessioni più intense si registrano in Molise (-1,0%) e Calabria (-0,9%); in diminuzione le restanti sette regioni del Mezzogiorno. Tra le maggiori regioni primeggiano Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, tutte e quattro in crescita dello 0,8%, e il Lazio con il +0,7%. Lo rivela Confartigianato.
La ripresa post pandemia – Rispetto al 2019, anno pre-pandemia, nel 2023 si rileva comunque un recupero con il PIL che è superiore dell’1,3% sempre grazie al Centro-Nord che cresce dell’1,8% mentre il Mezzogiorno è in ritardo mostrando un calo dello 0,7%. Crescite doppie rispetto alla media per Lombardia (+4,4%), Emilia-Romagna (+4,1%) e Trentino-Alto Adige (+3,6%) seguite da Friuli-Venezia Giulia (+2,4%) e Marche (+2,0%). Per le altre maggiori regioni si rileva una crescita dell’1,7% per il Veneto e dell’1,4% per il Piemonte mentre il Lazio diminuisce dello 0,3%.
Diffusa inflazione a doppia cifra – Uno dei fenomeni che più sta contribuendo a raffreddare la ripresa è una crescita dei prezzi al consumo, che presenta una intensità mai vista dalla nascita della moneta comune europea. A novembre 2022 l’inflazione cresce dell’11,8% e viene superata in otto regioni, cioè Sicilia (14,3%), Liguria (13,7%), Sardegna (13,6%), Abruzzo (12,9%), Umbria (12,5%), Puglia (12,5%), Emilia-Romagna (12,4%) e Toscana (12,0%); gli aumenti meno intensi sono quelli di Valle d’Aosta (+8,7%) e Basilicata (+9,1%), le uniche regioni a scendere sotto la soglia psicologica del 10%. In tal senso la più recente analisi di Confartigianato sulla ricaduta della corsa dei prezzi di elettricità e gas sui bilanci di imprese e famiglie stima che il caro-bollette per le micro e piccole imprese vale 23,9 miliardi di euro, un incremento che pesa per il 6,1% del loro valore aggiunto.
Alla crescita dei prezzi sta contribuendo una dinamica mai vista dei prezzi dell’energia: i prezzi al consumo di elettricità, gas e altri combustibili – voce di spesa che non comprende i carburanti per il trasporto – sono più che raddoppiati segnando a novembre il +130,1% ed in questo caso sono undici le regioni che superano la media, cioè Umbria (150,6 %), Liguria (142,6%), Abruzzo (142,4%), Molise (141,5%), Lombardia (141,5%), Piemonte (141,2%), Marche (138,3%), Toscana (137,8%), Emilia-Romagna (137,2%), Sardegna (135,9%) e Trentino-Alto Adige (132,2%); anche in questo caso gli aumenti minori sono quelli di Basilicata (+90,8%) e Valle d’Aosta (+92,2%) ma sono anch’essi vicini al raddoppio.