Doveva avere un futuro nel settore tessile, ha costruito un impero nella distribuzione dove è diventato un punto di riferimento per tutti: parliamo di Bernardo Caprotti, morto il 30 settembre 2016, l’uomo che ha sviluppato il miracolo Esselunga.
Nemmeno lui avrebbe scommesso un solo centesimo sul suo destino. Non ci riferiamo ai risultati, perché sulle sue capacità manageriali e sulla tenacia non ci sono proprio dubbi. La famiglia, originaria di Albiate, è tuttavia impegnata nel tessile e proprio per acquisire competenze specifiche, dopo la laurea lo spedisce negli Stati Uniti. Di fatto la sua attività lavorativa inizia nel 1952, all’età di 27 anni. Inizio impegnativo, non solo perché come tutti c’è da fare esperienza, ma anche perché pochi mesi dopo muore il papà e lui si ritrova a gestire l’azienda.
Nel 1957, proprio perché preso dall’attività familiare, dice no a Nelson Rockefeller, proprio uno della celebre dinastia, che gli propone di fondare la prima società di supermercati in Italia. Non ha tempo per pensare ad altro, l’azienda deve continuare a funzionare.
I tempi diventeranno maturi pochi anni più tardi nel 1962 la famiglia Caprotti rileva le quote di maggioranza della Supermarkets Italiani Spa dai Rockefeller, tre anni dopo Bernardo Caprotti è impegnato a tempo pieno in questo settore. Dà vita a una vera e propria catena con 140 punti vendita, la ribattezzerà Esselunga prendendo spunto da quella “S” un po’ allungata della scritta Supermarket.
Il modello di riferimento è sempre quello statunitense. In Italia, del resto, manca la tradizione della catena di supermercati. Caprotti segnerà la strada: dalla creazione di un superstore, a quella della produzione interna di prodotti alimentari (l’inizio è con i surgelati nel 1979), poi del reparto profumeria (nel 1989) che tuttavia sarà poi diviso dall’Esselunga e diventerà una catena a parte. In mezzo alle dispute con i rivali e con i partiti che li sostengono (arriverà a scrivere il libro “Falce e carrello” per denunciare ciò che vede nel settore della distribuzione), lui continua a innovare. Sarà Caprotti, per esempio, il primo a fidelizzare il cliente con la carta Fidaty. O, ancora, ad aprire un punto bar all’interno dei supermercati già a partire dagli anni ’90.
Potremmo aggiungere anche il primato per quanto riguarda l’inserimento dei prodotti biologici sugli scaffali, la spesa fatta via pc e consegnata a domicilio. O, come nel caso del centro di Varedo, del centro “Clicca e vai” dove si trova già nelle borse ciò che si è ordinato. Primo a introdurre anche l’innovativo sistema di pagamento: non più coda alle casse, bensì al cliente il compito di “mirare” con la “pistola” il codice a barre del prodotto che prende dallo scaffale per arrivare all’uscita con il conto già pronto da pagare.
Non è solo il piacere di innovare. Tutte queste introduzioni hanno un risvolto terribilmente pratico ed economico: se a livello italiano un metro quadrato di supermercato equivale a circa 7 mila euro di vendite, nel caso dell’Esselunga si superano i 15.500 euro. Nel 2017 i ricavi hanno raggiunti i 7,75 miliardi di euro con un utile di 305 milioni.
Superati insomma i tempi (anno 2004 e 2005) in cui Caprotti decide di estromettere il figlio, ormai amministratore delegato, accusandolo di mala gestione. Si farò carico lui, a 77 anni, della gestione dell’azienda. Poi nel 2016, a 88 anni, la sua scomparsa. Il Comune di Milano, riconoscendo il suo fiuto commerciale, le sue innovazioni e la portata del miracolo Esselunga che ha cambiato il mondo della distribuzione in Italia, ha deciso di iscrivere il suo nome nel Pantheon del Cimitero Monumentale.