Le elezioni in Turchia di domenica scorsa, con la riconferma di Erdogan come Presidente della Repubblica, hanno messo in primo piano un Paese che, tra i principali mercati del made in Italy, ha registrato un maggiore dinamismo delle esportazioni.
A marzo 2023 l’export annualizzato verso la Turchia ammonta a 14.263 milioni di euro, le importazioni sono pari a 11.834 milioni, per un saldo positivo di 2.429 milioni.
Nel confronto internazionale riferito al 2022, l’Italia è il 2° esportatore verso la Turchia dell’Unione europea, con vendite per 13,4 miliardi di euro, dietro alla Germania (26,9 miliardi) e davanti a Francia (9,2 miliardi), Paesi Bassi (8,6 miliardi), Belgio (7,2 miliardi) e Spagna (6,8 miliardi).
Il trend nel 2023 – Nonostante il deprezzamento della lira turca, che ha influito sulla competitività dei beni importati, una crescita sostenuta – il PIL della Turchia nel 2022 è salito del 5,6% e nel 2023 è previsto al +2,7% – ha sostenuto la domanda delle esportazioni italiane. Nel primo trimestre del 2023 l’export sale del 9,8% rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente, e tra i maggiori partner commerciali, si osserva una maggiore crescita per Cina (+92,5%) e Turchia (+31,4%); seguono a maggiore distanza, seppur con un dinamismo superiori alla media, Romania (+12,8%), India (+11,5%), Francia (+10,5%) e Austria (+10,3%). L’analisi dei dati preliminari riferiti ad aprile 2023 registra, per il secondo mese consecutivo, una diminuzione su base mensile dell’export extra Ue, ma in controtendenza, la Turchia presenta la migliore performance (+8,5%) davanti a Giappone (+6,7%) e Stati Uniti (+6,6%). Nel complesso dei primi quattro mesi del 2023 l’export extra Ue sale dell’8,9%, con una accentuazione per Cina (+69,3%) e Turchia (+25,4%).
Le tendenze per settore – Tra i prodotti del made in Italy più venduti in Turchia il maggiore dinamismo nel primo trimestre 2023 è registrato per i Prodotti delle altre attività manifatturiere salgono del 69,9% (il settore ha una quota dell’8,8% dell’export sul mercato turco); in questo raggruppamento il 54% è rappresentato dalla gioielleria e il 30% da strumenti e forniture mediche. Seguono i prodotti della moda che registrano +46,5% (quota del 7,6%), macchinari e apparecchi con +38,4% (prodotto più venduto con quota del 20,9%), mezzi di trasporto con +30,3% (quota del 12,3%), metalli di base e prodotti in metallo con +24,7 (quota del 12,0%), mentre i prodotti chimici scendono del 2,2% (quota del 10,3%). Nel primo grafico il dettaglio dell’export per settori nel 2022.
Turchia mercato più dinamico anche per crescita dei volumi esportati – Considerato il periodo di elevata inflazione, sulla crescita del valore dell’export influiscono gli aumenti dei listini prezzi delle imprese. L’analisi della dinamica dei volumi esportati nei primi quindici mercati del made in Italy mostra che quello rappresentato dalla Turchia è quello più dinamico, segnando nel 2022 un aumento del +14,3% dei volumi esportati, migliore del +6,8% degli Stati Uniti, del +3,8% della Polonia, del +1,7% dell’Austria e del +1,3% della Svizzera.
I territori più esposti sul mercato turco – L’export verso la Turchia pesa, in media nazionale, lo 0,8% del valore aggiunto. In chiave territoriale la maggior esposizione sul mercato turco la registriamo in Sicilia dove l’export – per la maggior parte determinata da raffinati del petrolio – pesa l’1,7% del valore aggiunto regionale. Seguono con valori superiori alla media, Toscana con 1,5%, Piemonte con 1,3%, Friuli-Venezia Giulia con 1,2%, Lombardia con 1,0% ed Emilia-Romagna e Veneto, entrambe con 0,9%.
Tra le province, la maggiore esposizione si registra a Siracusa con export che vale il 20,6% del valore aggiunto provinciale: il mercato turco è il secondo più importante per le raffinerie siracusane, concentrando il 12,8% dell’export provinciale in questo settore. Seguono Arezzo con 11,8% – territorio per il quale la Turchia è il terzo mercato delle esportazioni di gioielleria della provincia – Asti con 5,8%, Avellino con 4,3%, Biella con 2,6%, Terni con 2,3%, Belluno e Vicenza, entrambe con 2,0%, Cremona e Bergamo entrambe con 1,4%, Ravenna, Chieti e Mantova con 1,3%, Brescia, Piacenza, Prato e Alessandria con 1,2%.