L’autunno sembra non arrivare più, ma invece lo smog è arrivato, e anche in anticipo. La qualità dell’aria in Pianura Padana è infatti sprofondata, complice il bel tempo che favorisce gli spandimenti di liquami zootecnici nei campi intorno a Milano e nella bassa: le centraline ARPA di paesi e cittadine della bassa pianura da una settimana ormai registrano una situazione di costante sforamento dei livelli di particolato sottile (PM10 e PM2.5), fino a livelli 10 volte superiori a quelli raccomandati dall’OMS. E anche a Milano le cose non vanno bene: la centralina di viale Marche segna livelli di PM10 ‘fuori legge’ ormai da cinque giorni, senza che nessuna misura di protezione della salute sia stata attivata da Regione Lombardia.
Intanto il 3 ottobre si sono svolte presso la 8° Commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica del Senato le audizioni in relazione al DDL 870, ovvero la conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante “Misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell’aria e limitazioni della circolazione stradale”. Tra le organizzazioni convocate, oltre a Legambiente Lombardia, l’Istituto Superiore di Sanità, SIIAQ – Società Italiana Indoor Air Quality, la Fondazione Veronesi, ISDE Italia – Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, Cittadini per l’Aria e Genitori Antismog.
La nuova norma interviene su una situazione molto compromessa, quella relativa all’inquinamento atmosferico nell’area padana, su cui gravano le procedure di infrazione e le sentenze della Corte di Giustizia EU. Il bacino padano si presenta notoriamente come area fortemente pregiudicata per quanto riguarda la qualità dell’aria, in cui la condizione orograficamente ‘chiusa’ accentua le condizioni di criticità che però originano da fonti emissive sulle quali fino ad ora le autorità nazionali, e in particolare le regioni, non hanno attivato misure adeguate a ridurre adeguatamente l’intensità emissiva di territori a forte densità di popolazione e di attività economiche.
Gli sforzi di riduzione dovrebbero infatti focalizzarsi sulle principali fonti emissive, vale a dire la mobilità e i trasporti e l’industria agro-zootecnica, le prime responsabili per oltre il 60% delle emissioni di NOx, gli ossidi di azoto, e la seconda generatrice della totalità delle emissioni di ammoniaca, un inquinante finora poco considerato dai provvedimenti, ma principale precursore della formazione di particolato sottile (PM), le cui emissioni sono strettamente dipendenti dalla densità di animali allevati, che vede la Lombardia ai livelli più alti d’Europa quanto a intensità di allevamento.
“Su queste due priorità vanno focalizzati gli interventi dei piani aria regionali, che devono essere sviluppati in stretta collaborazione con i ministeri, quello dell’Ambiente ma anche quello dell’Agricoltura da cui dipende l’attuazione del piano nazionale della Politica Agricola Comune,” spiega Damiano Di Simine, intervenuto nell’audizione al Senato. “Essendo la qualità dell’aria competenza comune di stato e regioni ci si aspetterebbe da Parlamento e Governo che l’obbligo di adeguare i piani aria sia puntellato da politiche di accompagnamento, che dipendono da programmi e strategie definite a livello nazionale: abbiamo bisogno di piani aria che non siano solo aggiornati ma anche incisivi.”