MILANO – L’utilizzo della chirurgia robotica va diffondendosi sempre di più, abbracciando nuovi ambiti di utilizzo. Uno dei più recenti riguarda la chirurgia toracica e nello specifico l’intervento per la rimozione della ghiandola denominata “timo” che in alcuni stati patologici può essere correlata alla miastenia.
La miastenia gravis è una malattia neurologica su base autoimmune causata da auto-anticorpi per il recettore dell’acetilcolina presente a livello delle giunzioni neuromuscolari. Già nel XX secolo è stato dimostrato che l’asportazione del timo (iperplasico o affetto da neoplasia – cosiddetto “timoma”) è in grado di migliorare i sintomi della miastenia e in un 25% circa dei casi di condizionarne una remissione pressoché completa, consentendo spesso di ridurre la necessità di farmaci immunosoppressori con relativa riduzione delle complicanze associate all’ assunzione cronica degli stessi.
L’asportazione del timo rappresenta la terapia migliore per il paziente miastenico che, dopo l’intervento, vede migliorare la propria qualità di vita. Il timo è una ghiandola collocata nel torace, davanti alla trachea, la cui funzione principale è quella di garantire la maturazione dei linfociti T, globuli bianchi che svolgono un ruolo di fondamentale importanza all’interno del sistema immunitario.
Per l’asportazione oggi si può ricorrere all’uso del robot chirurgico. “Questo intervento mininvasivo si realizza attraverso tre piccole incisioni di pochi millimetri – spiega Massimo Torre, Direttore della Chirurgia Toracica -. Questa procedura rispetto a quella tradizionale riduce sensibilmente i rischi di emorragie ed altre complicanze chirurgiche, tra cui in particolare il dolore postoperatorio. La chirurgia robotica inoltre garantisce una rapida dimissione, il paziente di solito viene dimesso nel giro di un paio di giorni e, non ultimo, ha un impatto estetico minimo. Questi interventi in passato erano effettuati con accessi chirurgici tradizionali, e quindi gravati da maggior rischio di complicanze, come la sezione parziale o totale dello sterno, con degenze post-operatorie più lunghe e più dolorose”.
Il robot chirurgico è un sistema costituito da quattro braccia meccaniche alla cui estremità vengono montati i diversi strumenti operatori necessari, tra cui anche delle microtelecamere. Questi a loro volta sono inseriti attraverso delle piccole incisioni nel corpo del paziente. A distanza di qualche metro c’è la consolle di comando, dove è seduto il chirurgo che vede su un visore con visione tridimensionale il campo operatorio.
“Il campo operatorio è visualizzato alla consolle magnificando anche la più piccola struttura anatomica che viene ingrandita, è come avere un “effetto zoom” che certamente consente di essere ancora più precisi- aggiunge Torre -. A questo si aggiunge una visuale in 3D che permette di muoversi più agevolmente nei differenti piani chirurgici. Va sottolineata anche la possibilità di movimento degli strumenti, che è più fine ed articolato con il robot rispetto alla chirurgia laparoscopica”.
Gli strumenti collegati ai bracci del carrello robotico hanno diverse funzioni, come le forbici, le pinze, l’applicatore di clip, il dissettore a ultrasuoni, e possono essere cambiati durante l’intervento, a seconda delle esigenze del momento. Il robot permette, inoltre, di migliorare le performance della mano umana, eliminando i tremori e consentendo di regolare il rapporto di scala fra il movimento della mano e quello strumentale. Dal gennaio 2023 a oggi a Niguarda sono stati eseguiti 15 interventi per patologia timica, tutti gli interventi sono stati eseguiti con il robot chirurgico in dotazione e hanno avuto esito favorevole con un ottimo risultato terapeutico.