La “questione” del regolamento Ue sugli imballaggi, che ad inizio marzo sarà discusso in sede di trilogo (negoziati informali cui prendono parte alcuni rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione Ue, N.d.R.) vede la Confederazione impegnata a chiedere “modifiche significative” al testo perché così com’è, “rischia di travolgere interi settori della nostra economia” (qui il position paper integrale di Confcommercio).
Secondo Confcommercio, “l’orientamento generale approvato dal Consiglio Ambiente risente, infatti, di un approccio ideologico e ripropone norme inadeguate rispetto al contesto economico e sociale del nostro Paese. A subire i danni maggiori sarebbero tutti gli utilizzatori di imballaggi e, in particolare, le imprese della filiera alimentare, la piccola, la media e la grande distribuzione organizzata, gli operatori della ristorazione, del vending, dell’intrattenimento e del turismo e molti altri comparti”. “Inoltre, la posizione del Consiglio rischia di condurre a un mercato europeo frammentato e, paradossalmente, alla produzione di una maggiore quantità di rifiuti da imballaggio, difficili da riciclare. Peraltro, il divieto previsto per gli imballaggi monouso, ritenuti più inquinanti, sembrerebbe essere sconfessato dallo studio di impatto appena pubblicato dalla Commissione da cui emerge che proprio questa tipologia di imballaggi, in molti casi, ha un impatto inferiore sul cambiamento climatico rispetto agli imballaggi multiuso. Per questo è auspicabile che il negoziato europeo tenga adeguatamente conto delle ragioni delle imprese e della posizione del Parlamento su monouso e riciclo/riuso e riveda alcune norme del provvedimento”.
Ci sono diversi punti sui quali si concentra la protesta di Confcommercio: l’obbligo per gli operatori HORECA (Hotellerie–Restaurant-Cafè), con una superficie superiore a 100mq, di ritirare gratuitamente tutti gli imballaggi riutilizzabili e gestire la restituzione nei depositi con conseguenti rilevantissimi oneri economici; il diritto, riconosciuto ai consumatori, di portare all’interno dei punti vendita contenitori propri per l’asporto, una proposta da eliminare a tutela della salute e della sicurezza alimentare di clienti e personale; l’obbligo del sistema del cauzionamento per il riciclo che, nonostante l’esenzione prevista per gli Stati membri con un tasso di raccolta differenziata superiore al 78% entro il 2026, per il nostro Paese rischia di essere poco utile, economicamente dannoso e difficilmente realizzabile considerato che l’attuale tasso di raccolta è oggi al 65,2%; il sostanziale divieto di utilizzare i prodotti per l’igiene e la toilette che oggi le strutture ricettive pongono a disposizione degli ospiti. Per Confcommercio, fortemente problematici sono poi sia l’introduzione di target stringenti sul riuso, sia l’imposizione di divieti e restrizioni per numerose tipologie di imballaggio monouso, che rischiano non solo di confliggere con le regole di protezione e conservazione degli alimenti e di tutela della salute del consumatore, ma anche di generare un maggior inquinamento ambientale dovuto al trasporto di ritorno degli imballaggi dopo il loro uso, nonché al lavaggio e all’asciugatura che impiegano più energia, più acqua e più risorse di quelle necessarie per la produzione e l’utilizzo di imballaggi monouso.
“Per fare un esempio – conclude Confcommercio- si pensi al divieto dei cosmetici monouso nelle strutture ricettive che, se attuato, porterebbe all’inevitabile passaggio a sistemi di ricarica che, oltre ad essere costosi, porrebbero problemi di responsabilità: si potrebbero, infatti, generare casi di contaminazione tra prodotti importati dall’esterno dagli ospiti e, quindi, risulterebbe faticoso per gli esercenti fornire una prova di non responsabilità”.