BOLOGNA – Il 6 marzo i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna, unitamente al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) e con il supporto dei militari in forza ai Comandi Provinciali di Firenze, Pistoia, Napoli e Salerno, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale nei confronti di 4 soggetti, indiziati della commissione, in concorso tra loro, del reato di tentata estorsione aggravata dal c.d. “metodo mafioso”.
L’operazione di servizio prende le mosse da un’autonoma attività info-investigativa svolta – dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo polizia economico finanziaria di Bologna – per la prevenzione/repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico legale.
Le indagini hanno consentito di ricostruire, nei particolari, un episodio di tentata estorsione perpetrato in danno di un imprenditore bolognese, titolare di una società attiva nel settore dei trasporti e della logistica, da 4 soggetti, risultati, alcuni di loro, vicini – per contatti o precedenti specifici – ad appartenenti alla criminalità organizzata di stampo camorristico.
Nel dettaglio, gli indagati avrebbero “proposto” all’imprenditore la cessione, a titolo oneroso, di crediti d’imposta fittizi: l’imprenditore/vittima avrebbe dovuto acquistare da una società nella piena disponibilità dei soggetti in indagine, un credito IVA di circa 4,8 milioni di euro.
La “proposta commerciale” sarebbe stata avanzata avvalendosi del cosiddetto “metodo mafioso”, ovvero in virtù di una forza di intimidazione tale da generare una condizione di grave assoggettamento e omertà. Sono state, infatti, registrate – utilizzando un linguaggio tipicamente mafioso – reiterate e gravi minacce rivolte all’imprenditore e ai suoi affetti, funzionali a coartarne la volontà e costringerlo a piegarsi alla pretesa estorsiva.
Gli approfondimenti di tipo economico-finanziario condotti nei confronti della società detentrice dei crediti, ha permesso di accertare altresì la natura fittizia degli stessi: questa, infatti, a fronte di un volume d’affari dichiarato di oltre 20 milioni di euro, ha emesso e ricevuto fatture per importi trascurabili maturando, invero, un debito IVA.