E’ un momento particolarmente positivo per il nostro mercato del lavoro. Sia per il record storico di occupati che per l’aumento del numero di coloro che dispongono di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e, infine, anche per l’incremento, avvenuto soprattutto nell’ultimo anno, del personale con livelli di qualifica elevati.
Nel 2023, infatti, la platea degli occupati in Italia ha toccato i 23,6 milioni di unità, 471 mila in più rispetto al periodo pre-Covid, di cui 213 mila hanno interessato il Mezzogiorno che è stata la ripartizione geografica che ha registrato l’incremento percentuale più elevato del Paese (+3,5 per cento). Le previsioni, inoltre, ci dicono che lo stock complessivo degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, sfiorando i 24 milioni di addetti entro il 2025.
Sempre l’anno scorso abbiamo raggiunto una incidenza dell’84 per cento di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo in determinato (15,57 milioni su 18,54 milioni) sul totale dei lavoratori dipendenti.
Se confrontiamo il numero di lavoratori dipendenti del 2023 con il posto fisso sempre con lo stesso dato del periodo pre-pandemico, l’aumento è stato di 742 mila unità (+5 per cento).
Infine, il numero dei lavoratori altamente specializzati/qualificati è aumentato nell’ultimo anno del 5,8 per cento (+464 mila), pari al 96,5 per cento dei nuovi posti di lavoro creati nel 2023; mentre rispetto al 2019 la variazione rimane positiva (+2,3 per cento), ma più contenuta rispetto all’anno precedente (+192 mila) con una incidenza del 40,7 per cento sui nuovi posti di lavoro creati in questo ultimo quadriennio (vedi Tab. 2).
Nonostante possiamo contare su questi risultati così significativamente importanti, permangono ancora delle criticità che fatichiamo a superare. La principale rimane il basso tasso di occupazione; tra i 20 Paesi dell’Area dell’Euro, l’Italia è fanalino di coda con un “misero” 61,5 per cento, contro una media dell’Eurozona del 70,1 per cento. Non va trascurato nemmeno il trend registrato dai lavoratori autonomi; rispetto al 2019 sono scesi di 223 mila unità (-4,2 per cento), nonostante nell’ultimo anno ci sia stato un leggero segnale di ripresa pari +62 mila unità (+1,3 per cento). Senza contare che, purtroppo, contiamo storicamente su livelli retributivi mediamente più bassi degli altri Paesi dell’UE, a causa di un livello di produttività del lavoro molto basso, di un tasso dei NEET elevatissimo e di un tasso occupazionale relativo alle donne più contenuto di tutta Europa. Sono questi alcuni flash sul mercato del lavoro italiano che sono stati scattati dall’Ufficio studi della CGIA