Secondo i dati Istat, a luglio crescono le vendite al dettaglio sia in valore che in volume per entrambi i settori merceologici, crescendo sia rispetto al mese precedente sia al 2023, anche se, nel confronto sull’anno, l’aumento interessa principalmente il valore delle vendite mentre il volume registra una sostanziale stazionarietà, con un calo delle vendite dei beni alimentari. Sul mese la variazione positiva in valore è del +0,5%, in volume del +0,3%, con le vendite dei beni alimentari che salgono a +0,5% in valore e +0,4% in volume e quelle dei beni non alimentari a +0,6% in valore e +0,2% in volume. Sull’anno l’aumento è dell’1,0% in valore e dello 0,1% in volume. Le vendite dei beni alimentari sono in crescita dello 0,3% in valore e in calo dello 0,7% in volume, mentre quelle dei beni non alimentari crescono sia in valore sia in volume (rispettivamente +1,4% e +0,6%).
Commentando i dati delle vendite al dettaglio di luglio, il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, ha precisato che “non desta entusiasmo la modesta crescita in volume registrata a luglio dalle vendite al dettaglio, peraltro depotenziata dalla revisione al ribasso della stima per il mese di giugno. Non si modifica, dunque, una situazione che sul versante dei consumi, in particolare di beni, rimane molto fragile. Gli indici dei volumi acquistati, al di là di piccole oscillazioni mensili, sono fermi sui valori di fine 2023 e rimangono negativi nel confronto annuo, come, peraltro, evidente anche dalle più solide evidenze della contabilità trimestrale: cresce il reddito reale, resta bloccata la spesa”. “Questo scenario – ha osservato Bella – coinvolge le performance dei vari settori di consumo e dei diversi formati distributivi, con accentuazioni negative per le piccole superfici di vendita. Al netto della componente inflazionistica, nei primi sette mesi di quest’anno i piccoli negozi registrano cali di oltre il 16% rispetto all’analogo periodo del 2018, a fronte di un raddoppio dei volumi transitati dal canale virtuale. Particolarmente penalizzati, oltre agli acquisti di alimentari, sono stati l’abbigliamento, le calzature e i mobili. Non può stupire, di conseguenza, la progressiva riduzione dei livelli di servizio commerciale di prossimità nella maggior parte delle città italiane”.