Risultati negativi a luglio per la produzione industriale, diminuita dello 0,9% rispetto a giugno e del 3,3% in confronto allo stesso mese del 2023. Lo ha reso noto l’Istat, specificando che rispetto al mese precedente l’indice sale solo per l’energia (+2,3%), mentre cala per i beni intermedi (-0,7%), i beni strumentali (-1,2%) e i beni di consumo (-2,3%). E anche il confronto annuo premia soltanto l’energia (+1,5%), con i beni intermedi in calo abbastanza contenuto (-2,8%) meno dei beni strumentali (-4,2%) e dei beni di consumo (-5,2%).
I settori di attività economica con gli incrementi tendenziali maggiori sono la fabbricazione di prodotti chimici (+3,9%), le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,5%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+1,9%). Le flessioni più ampie riguardano industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%), fabbricazione di mezzi di trasporto (-11,4%) e attività estrattiva (-5,9%).
Nella media del periodo maggio-luglio il calo è dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti.
“La persistente debolezza dell’attività industriale che, al netto di alcuni sporadici episodi, è in calo dall’inizio del 2022 continua a rappresentare una delle principali criticità per il conseguimento degli obiettivi di crescita del Paese nel 2024 dopo anni in cui il traino è stato determinato quasi esclusivamente dalle attività dei servizi, in particolar modo quelli legati al turismo. La crisi, seppure diffusa a molti settori, è particolarmente rilevante per i beni di consumo (che incidono per quasi il 25% sull’attività produttiva) a segnalare le criticità che persistono sul versante della domanda delle famiglie i cui effetti negativi si riverberano su tutti gli ambiti del sistema economico”. Così l’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo il quale “per il raggiungimento di una variazione del prodotto lordo attorno o poco superiore all’1%, da qui alla fine dell’anno, è necessario il prosieguo della fase disinflazionistica, la tenuta dell’occupazione sugli attuali massimi, la riduzione dei tassi d’interesse di riferimento e, in generale, un consolidamento della fiducia che consenta ai maggiori redditi reali di tradursi in maggiori consumi”.